lunedì 10 settembre 2012

A Matera un interessante workshop dedicato al Lupo


Sul Lupo, ormai è noto, si favoleggia da secoli e si è tracciata nel tempo una fittissima rete in cui si intrecciano in modo confuso e disordinato storie e leggende di ogni tipo, quasi sempre condite da esagerazioni, deformazioni, diffamazioni che hanno costretto questo nobile predatore a vivere ai margini della cultura naturalistica, quella vera. Condannato da secoli a rappresentare il male, la cattiveria e la paura, ancora oggi combatte in silenzio la sua battaglia eterna per la sopravvivenza.
Tante storie assurde che si sono tramandate e si tramandano ancora, di generazione in generazione, che si replicano e si fissano con tanta facilità nelle menti scarne e aride per restarvi,  immutate per sempre,  nei meandri culturali dell’Uomo.
Certo, nel Medioevo e nei secoli successivi vi era, per precisi motivi storici, culturali e religiosi, poca propensione alla conoscenza e alla considerazione dei fenomeni della Natura. Era naturale quindi che il Lupo fosse considerato il demonio, il nemico per antonomasia dell’Uomo e del suo bestiame domestico, era ovvio che si attuassero e che si diffondessero strategie culturali e materiali finalizzate alla sua persecuzione ed eliminazione con ogni mezzo. La storia di Cappuccetto Rosso non è stata certo  scritta per caso e, come sempre accade,  si possono leggere tante cose in questa favola! In tutta la vasta letteratura favolistica, si possono trovare metafore e simboli che rappresentano l’eterna lotta tra il buono e il cattivo, tra il bene e il male.  E di risultati purtroppo ce ne sono, in termini di distorsione culturale della realtà, vista la deformazione della conoscenza scientifica sulle specie che hanno in qualche modo ingerenze dirette o indirette con le attività dell’uomo. Chi è disposto a credere, anche oggi, che il Lupo non abbia mai mangiato una nonnina o un bambino? Quante persone ancora credono che il Lupo possa mangiare gli uomini che si avventurano da soli nelle foreste?
Oggi, in tempi assolutamente diversi da tanti punti di vista, ciò che appare ancora strano  è proprio la percezione di una cultura diffusa e distorta sul Lupo che non accenna a cambiare, a parte qualche rara eccezione. Le solide basi su cui per secoli è stato disegnato il profilo biologico e comportamentale di questo predatore sono difficili da abbattere. Basta leggere ancora nei giorni nostri le cronache sui giornali o ascoltare certi TG per capire che poco è mutato in termini di conoscenza realistica sulla specie. Anzi, quello che più risulta dannoso è il fatto che, a fronte di uno sforzo enorme di tanti naturalisti, ricercatori ed appassionati che da anni studiano la biologia e i comportamenti del Lupo per trasmettere informazioni corrette, basta un banale, e a volte ridicolo,  articolo di cronaca locale per demolire anni di lavoro, di osservazione, di studio sul campo. D’accordo che il Lupo è un predatore ma ciò non giustifica che si debba per forza esagerare sulla sua vita e sulle sue abitudini! E’ giusto parlare ogni volta di enormi esseri famelici e aggressivi che alla minima occasione mangiano uomini, pecore e vacche? Possibile che alcune centinaia di esemplari presenti nel nostro Paese riescano ad incutere tanta paura ad una intera popolazione e siano capaci di creare grandi danni alle aziende zootecniche?
Le risposte a tali quesiti si cercano,  e si tenta di darle,  attraverso la ricerca e la conoscenza con metodi scientifici. La schiera di coloro che da tempo si dedicano allo studio del Lupo nel suo habitat non è folta, ma noi lucani dobbiamo sentirci orgogliosi di sapere che tra questi pochi studiosi vi è un nostro conterraneo: Antonio Iannibelli. Una bella sorpresa scoprire che si tratta di uno dei pochi al mondo che “balla coi lupi”… per davvero! Non potevamo lasciarci sfuggire una buona occasione per contribuire, grazie alle sue testimonianze, ai suoi racconti e alle sue immagini,  a far luce sull’oscurantismo che regna in questo campo. La vera natura del Lupo raccontata da un lucano è apparsa subito una speciale iniziativa da realizzare. Ecco che, come Associazione “Fotoclub Matera”, abbiamo colto la palla al balzo riuscendo ad interpretare due bisogni: uno di carattere spiccatamente fotografico ed un altro di tipo culturale e scientifico.
Il 6 agosto 2012 Antonio Iannibelli è stato invitato a Matera per un workshop sul Lupo, una serata all’insegna della cultura fotografica e naturalistica. Lui è un bravissimo fotonaturalista ed era innanzitutto importante esporre, attraverso 20 pannelli fotografici, le sue stupende immagini di Lupo riprese in ambiente naturale. Una vera “prelibatezza” ed una grande occasione per chi apprezza il bello e la suggestività della fotografia di Natura. Organizzare un evento unico del suo genere nella nostra regione era dunque d’obbligo e quale titolo più provocatorio si poteva dare all’evento? Naturalmente: “Attenti al Lupo”! Lo scopo dell’iniziativa era quello di utilizzare sapientemente le immagini, le parole e la musica per provare a scalfire una cultura sul Lupo “dura a morire”, una cultura fatta di mille luoghi comuni e leggende assurde che affonda le sue lunghe radici anche nei nostri remoti angoli dell’Appennino Lucano ed in alcune aree dell’entroterra materano.
Luogo dell’incontro è stato Jazzo Gattini, sede del CEA nel Parco della Murgia Materana. Nessuno dei soci del Fotoclub, organizzatore dell’evento,  si aspettava tanta gente incuriosita da tale inconsueta iniziativa. Parlare di Lupo a Matera? Qualcuno ammiccava con disinteresse misto a poca fiducia, qualche altro era in dubbio sul tema scelto. In altri forse vi era semplice curiosità accresciuta e alimentata forse dalle recenti storie di lupi che iniziano a vagare anche sulla murgia appulo-lucana.   La inaspettata “novità”  è che durante quella bella serata di cui nessuno immaginava i risvolti, tutti hanno ascoltato con una infantile curiosità storie così incredibili da sembrare delle favole capovolte. Tutte storie vere, raccontate e accompagnate da straordinarie ed eloquenti immagini e video inediti  i cui protagonisti sono proprio piccoli branchi di lupi “radiografati” e “annusati” nelle loro intime relazioni sociali in alcune aree dei nostri Appennini.  I racconti di Antonio Iannibelli hanno stregato e affascinato davvero tutti, grandi e piccoli,  e qualcuno quasi non credeva ai propri occhi nel vedere e nell’ascoltare cose incredibili, mai riportate nell’ambito delle consuete e tradizionali informazioni che circolano normalmente sul Lupo o che ci propinano certe lobby dell’informazione. Il Lupo finalmente è stato descritto da un punto di vista davvero insolito, direi dall’interno del branco, in modo completamente distaccato e scevro da ogni particella culturale di medievale memoria. Potremmo azzardare a dire “il Lupo descritto da se stesso” o, se vogliamo, da un uomo calato nei suoi “panni”.  Particolari minuziosi sulla vita sociale del Lupo possono essere raccontati solo da chi riesce ad “entrare nel suo sistema sociale” e a farsi accettare come un membro di esso. Sembra impossibile e fantastico allo stesso tempo ma le magiche atmosfere create dalle testimonianze dirette sugli incontri ravvicinati con piccoli branchi di lupi hanno rapito ed entusiasmato tutti i presenti. Sentire un fotografo parlare di distanze così minime da non poter riuscire a  mettere a fuoco il soggetto distante 10 metri è sembrata quasi una provocazione per i numerosi appassionati di fotografia che hanno sempre associato questo predatore ad una chimera dei nostri boschi, inavvicinabile e imprendibile fotograficamente.
Antonio Iannibelli durante quella serata ha fatto dunque davvero breccia nel percorso culturale e nella mente di alcuni partecipanti che, pur senza ammetterlo, magari vedevano ancora il Lupo come l’orco assassino delle fiabe medievali.  In due ore sono crollati tanti falsi miti, tante leggende sull’aggressività e pericolosità di un predatore che abita da sempre le nostre montagne osservandoci silenzioso; sono stati mostrati i lati più teneri e dolci della vita di branco, con intere cucciolate alle prese con i loro giochi,  senza trascurare anche i normali aspetti di aggressività intraspecifica tra adulti in cerca di posizioni dominanti nel branco. Un predatore visto molto da vicino, senza filtri e con mente serena, non può che mostrarsi finalmente come un importantissimo tassello della Biodiversità senza il quale le nostre montagne sarebbero più povere e più anonime. Un branco di lupi rappresenta un segnale di salubrità ambientale, un termometro del territorio che ci segnala mille cose e che misura gli equilibri su cui si poggiano  la dinamica di popolazione di tantissime specie-preda e la salute dell’intera fauna. Una foresta appenninica senza i lupi è come una savana africana senza i leoni, come una montagna alpina senza le aquile, come la steppa murgiana senza i falchi grillai.
Insomma Antonio Iannibelli ci ha regalato una serata così densa di contenuti e di stimoli da non poter essere facilmente dimenticata. Non è facile scrivere qualcosa su un evento tanto ricco di contenuti, di notizie, di emozioni. Io ci ho provato! Un grazie perciò a lui e a Maria Perrone che lo accompagna in questa straordinaria avventura culturale e naturalistica, un grazie ai tanti suoi amici e collaboratori che hanno contribuito con le proprie immagini e testimonianze ad arricchire la sua presentazione, un plauso all’Associazione “Provediemozioni” che promuove in Italia i progetti e le iniziative di divulgazione sul Lupo, un grazie al CEA di Matera che ha ospitato l’evento e infine un grazie a tutti gli amici del “Fotoclub” con cui abbiamo condiviso la bella idea di invitarlo a Matera e di organizzare con lui questo straordinario evento culturale.
Da domani facciamo sì che il Lupo continui ad ululare alla luna e smettiamo di perseguitarlo prima con la falsità, poi con armi, trappole e veleni.

Matteo Visceglia