Sul Lupo, ormai è noto,
si favoleggia da secoli e si è tracciata nel tempo una fittissima rete
in cui si intrecciano in modo confuso e disordinato storie e leggende di
ogni tipo, quasi sempre condite da esagerazioni, deformazioni,
diffamazioni che hanno costretto questo nobile predatore a vivere ai
margini della cultura naturalistica, quella vera. Condannato da secoli a
rappresentare il male, la cattiveria e la paura, ancora oggi combatte
in silenzio la sua battaglia eterna per la sopravvivenza.
Tante storie assurde
che si sono tramandate e si tramandano ancora, di generazione in
generazione, che si replicano e si fissano con tanta facilità nelle
menti scarne e aride per restarvi, immutate per sempre, nei meandri
culturali dell’Uomo.
Certo, nel Medioevo e
nei secoli successivi vi era, per precisi motivi storici, culturali e
religiosi, poca propensione alla conoscenza e alla considerazione dei
fenomeni della Natura. Era naturale quindi che il Lupo fosse considerato
il demonio, il nemico per antonomasia dell’Uomo e del suo bestiame
domestico, era ovvio che si attuassero e che si diffondessero strategie
culturali e materiali finalizzate alla sua persecuzione ed eliminazione
con ogni mezzo. La storia di Cappuccetto Rosso non è stata certo
scritta per caso e, come sempre accade, si possono leggere tante cose
in questa favola! In tutta la vasta letteratura favolistica, si possono
trovare metafore e simboli che rappresentano l’eterna lotta tra il buono
e il cattivo, tra il bene e il male. E di risultati purtroppo ce ne
sono, in termini di distorsione culturale della realtà, vista la
deformazione della conoscenza scientifica sulle specie che hanno in
qualche modo ingerenze dirette o indirette con le attività dell’uomo.
Chi è disposto a credere, anche oggi, che il Lupo non abbia mai mangiato
una nonnina o un bambino? Quante persone ancora credono che il Lupo
possa mangiare gli uomini che si avventurano da soli nelle foreste?
Oggi, in tempi
assolutamente diversi da tanti punti di vista, ciò che appare ancora
strano è proprio la percezione di una cultura diffusa e distorta sul
Lupo che non accenna a cambiare, a parte qualche rara eccezione. Le
solide basi su cui per secoli è stato disegnato il profilo biologico e
comportamentale di questo predatore sono difficili da abbattere. Basta
leggere ancora nei giorni nostri le cronache sui giornali o ascoltare
certi TG per capire che poco è mutato in termini di conoscenza
realistica sulla specie. Anzi, quello che più risulta dannoso è il fatto
che, a fronte di uno sforzo enorme di tanti naturalisti, ricercatori ed
appassionati che da anni studiano la biologia e i comportamenti del
Lupo per trasmettere informazioni corrette, basta un banale, e a volte
ridicolo, articolo di cronaca locale per demolire anni di lavoro, di
osservazione, di studio sul campo. D’accordo che il Lupo è un predatore
ma ciò non giustifica che si debba per forza esagerare sulla sua vita e
sulle sue abitudini! E’ giusto parlare ogni volta di enormi esseri
famelici e aggressivi che alla minima occasione mangiano uomini, pecore e
vacche? Possibile che alcune centinaia di esemplari presenti nel nostro
Paese riescano ad incutere tanta paura ad una intera popolazione e
siano capaci di creare grandi danni alle aziende zootecniche?
Le risposte a tali
quesiti si cercano, e si tenta di darle, attraverso la ricerca e la
conoscenza con metodi scientifici. La schiera di coloro che da tempo si
dedicano allo studio del Lupo nel suo habitat non è folta, ma noi lucani
dobbiamo sentirci orgogliosi di sapere che tra questi pochi studiosi vi
è un nostro conterraneo: Antonio Iannibelli. Una bella sorpresa
scoprire che si tratta di uno dei pochi al mondo che “balla coi lupi”…
per davvero! Non potevamo lasciarci sfuggire una buona occasione per
contribuire, grazie alle sue testimonianze, ai suoi racconti e alle sue
immagini, a far luce sull’oscurantismo che regna in questo campo. La
vera natura del Lupo raccontata da un lucano è apparsa subito una
speciale iniziativa da realizzare. Ecco che, come Associazione “Fotoclub
Matera”, abbiamo colto la palla al balzo riuscendo ad interpretare due
bisogni: uno di carattere spiccatamente fotografico ed un altro di tipo
culturale e scientifico.
Il 6 agosto 2012
Antonio Iannibelli è stato invitato a Matera per un workshop sul Lupo,
una serata all’insegna della cultura fotografica e naturalistica. Lui è
un bravissimo fotonaturalista ed era innanzitutto importante esporre,
attraverso 20 pannelli fotografici, le sue stupende immagini di Lupo
riprese in ambiente naturale. Una vera “prelibatezza” ed una grande
occasione per chi apprezza il bello e la suggestività della fotografia
di Natura. Organizzare un evento unico del suo genere nella nostra
regione era dunque d’obbligo e quale titolo più provocatorio si poteva
dare all’evento? Naturalmente: “Attenti al Lupo”! Lo scopo
dell’iniziativa era quello di utilizzare sapientemente le immagini, le
parole e la musica per provare a scalfire una cultura sul Lupo “dura a
morire”, una cultura fatta di mille luoghi comuni e leggende assurde che
affonda le sue lunghe radici anche nei nostri remoti angoli
dell’Appennino Lucano ed in alcune aree dell’entroterra materano.
Luogo dell’incontro è
stato Jazzo Gattini, sede del CEA nel Parco della Murgia Materana.
Nessuno dei soci del Fotoclub, organizzatore dell’evento, si aspettava
tanta gente incuriosita da tale inconsueta iniziativa. Parlare di Lupo a
Matera? Qualcuno ammiccava con disinteresse misto a poca fiducia,
qualche altro era in dubbio sul tema scelto. In altri forse vi era
semplice curiosità accresciuta e alimentata forse dalle recenti storie
di lupi che iniziano a vagare anche sulla murgia appulo-lucana. La
inaspettata “novità” è che durante quella bella serata di cui nessuno
immaginava i risvolti, tutti hanno ascoltato con una infantile curiosità
storie così incredibili da sembrare delle favole capovolte. Tutte
storie vere, raccontate e accompagnate da straordinarie ed eloquenti
immagini e video inediti i cui protagonisti sono proprio piccoli
branchi di lupi “radiografati” e “annusati” nelle loro intime relazioni
sociali in alcune aree dei nostri Appennini. I racconti di Antonio
Iannibelli hanno stregato e affascinato davvero tutti, grandi e piccoli,
e qualcuno quasi non credeva ai propri occhi nel vedere e
nell’ascoltare cose incredibili, mai riportate nell’ambito delle
consuete e tradizionali informazioni che circolano normalmente sul Lupo o
che ci propinano certe lobby dell’informazione. Il Lupo finalmente è
stato descritto da un punto di vista davvero insolito, direi
dall’interno del branco, in modo completamente distaccato e scevro da
ogni particella culturale di medievale memoria. Potremmo azzardare a
dire “il Lupo descritto da se stesso” o, se vogliamo, da un uomo calato
nei suoi “panni”. Particolari minuziosi sulla vita sociale del Lupo
possono essere raccontati solo da chi riesce ad “entrare nel suo sistema
sociale” e a farsi accettare come un membro di esso. Sembra impossibile
e fantastico allo stesso tempo ma le magiche atmosfere create dalle
testimonianze dirette sugli incontri ravvicinati con piccoli branchi di
lupi hanno rapito ed entusiasmato tutti i presenti. Sentire un fotografo
parlare di distanze così minime da non poter riuscire a mettere a
fuoco il soggetto distante 10 metri è sembrata quasi una provocazione
per i numerosi appassionati di fotografia che hanno sempre associato
questo predatore ad una chimera dei nostri boschi, inavvicinabile e
imprendibile fotograficamente.
Antonio Iannibelli durante quella
serata ha fatto dunque davvero breccia nel percorso culturale e nella
mente di alcuni partecipanti che, pur senza ammetterlo, magari vedevano
ancora il Lupo come l’orco assassino delle fiabe medievali. In due ore
sono crollati tanti falsi miti, tante leggende sull’aggressività e
pericolosità di un predatore che abita da sempre le nostre montagne
osservandoci silenzioso; sono stati mostrati i lati più teneri e dolci
della vita di branco, con intere cucciolate alle prese con i loro
giochi, senza trascurare anche i normali aspetti di aggressività
intraspecifica tra adulti in cerca di posizioni dominanti nel branco. Un
predatore visto molto da vicino, senza filtri e con mente serena, non
può che mostrarsi finalmente come un importantissimo tassello della
Biodiversità senza il quale le nostre montagne sarebbero più povere e
più anonime. Un branco di lupi rappresenta un segnale di salubrità
ambientale, un termometro del territorio che ci segnala mille cose e che
misura gli equilibri su cui si poggiano la dinamica di popolazione di
tantissime specie-preda e la salute dell’intera fauna. Una foresta
appenninica senza i lupi è come una savana africana senza i leoni, come
una montagna alpina senza le aquile, come la steppa murgiana senza i
falchi grillai.
Insomma Antonio
Iannibelli ci ha regalato una serata così densa di contenuti e di
stimoli da non poter essere facilmente dimenticata. Non è facile
scrivere qualcosa su un evento tanto ricco di contenuti, di notizie, di
emozioni. Io ci ho provato! Un grazie perciò a lui e a Maria Perrone che
lo accompagna in questa straordinaria avventura culturale e
naturalistica, un grazie ai tanti suoi amici e collaboratori che hanno
contribuito con le proprie immagini e testimonianze ad arricchire la sua
presentazione, un plauso all’Associazione “Provediemozioni” che
promuove in Italia i progetti e le iniziative di divulgazione sul Lupo,
un grazie al CEA di Matera
che ha ospitato l’evento e infine un grazie a tutti gli amici del
“Fotoclub” con cui abbiamo condiviso la bella idea di invitarlo a Matera
e di organizzare con lui questo straordinario evento culturale.
Da domani facciamo sì che il Lupo
continui ad ululare alla luna e smettiamo di perseguitarlo prima con la
falsità, poi con armi, trappole e veleni.
Matteo Visceglia
Matteo Visceglia