Pesca irregolare nell’Oasi di S.
Giuliano
Miglionico. La denuncia
dell’associazione “Antea” per le gare sportive ed i
dilettanti
MIGLIONICO
- La Delegazione provinciale dell’asso ciazione
“Antea” Onlus di Miglionico, continua la sua
campagna di sensibilizzazione e di denuncia riguardo
la situazione di totale abbandono e degrado in cui
versa l'Oasi protetta di San Giuliano. «Nei mesi
scorsi -si legge in una nota- la nostra associazione
ha più volte puntato il dito contro tutti quei
comportamenti e quelle pratiche dannose per l'area
protetta del lago, che molti cittadini e spesso,
attraverso decisioni scellerate ed inspiegabili,
anche le istituzioni mettono in atto, svuotando di
fatto l'Oasi di ogni significato». Dopo essersi
schierata in maniera netta ed inequivocabile contro
il via libera al permesso di Ricerca Idrocarburi “Il
Perito”, concesso alla società inglese Delta Energy
in un'area distante solo pochi km dal perimetro
dell'Oasi, aver denunciato l'uso di pesticidi e
concimi chimici nei campi agricoli adiacenti o
addirittura situati all'interno dell'area protetta,
aver documentato e segnalato l'abbandono
indiscriminato di rifiuti di ogni genere nella zona
ed aver preso posizione contro il progetto in atto
di abbattimento controllato di cinghiali nel
territorio dell'Oasi, questa volta Antea punta il
dito contro il mancato rispetto da parte di molti
cittadini ed appassionati delle norme che
regolamentano la pesca, sia a livello amatoriale che
agonistico. «Oltre alle consuete segnalazioni
riguardanti coloro che praticano la pesca in modo
del tutto abusivo, essendo sprovvisti di regolare
licenza e contravvenendo alle più elementari norme
che regolano tale attività -proseguono da Antea- ne
abbiamo ricevute tante altre che evidenziano,
soprattutto durante lo svolgimento di gare
agonistiche regolarmente autorizzate, scarsa
attenzione da parte dei partecipanti e degli
organizzatori delle stesse alla salvaguardia e alla
sopravvivenza degli animali pescati. Come prevedono
le norme e i regolamenti che disciplinano tali
competizioni, il pescato deve essere mantenuto in
vita fino a fine gara per poter poi essere rimesso
in libertà; ma diverse foto e testimonianze,
dimostrano che, in molte occasioni, oltre il 50%
degli animali pescati perdono la vita a causa della
negligenza e dell'insensibilità di alcuni
partecipanti, degli organizzatori degli eventi e di
coloro che dovrebbero vigilare sul rispetto dei
regolamenti. A questo punto sorge spontaneo
chiedersi che senso abbia approvare regolamenti ad
hoc per determinate discipline, se poi non si è in
grado di farli rispettare, soprattutto se si tratta
di regolamenti già troppo permissivi ed invasivi per
un'Oasi, come dimostra, per esempio, la possibilità
di utilizzare il “barchino” nella pratica del “carpfishing”».
FONTE: IL QUOTIDIANO DELLA BASILICATA 15 SETTEMBRE 2012
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