Incendio a Miglionico del 9 agosto 2012 |
“L’Italia avvampa nelle fiamme, ma dovrebbe bruciare soprattutto di vergogna…”
La protesta dei naturalisti è chiara e decisa, e arriva dal Centro
Parchi di Roma e dalle molte Associazioni che vi aderiscono, in prima
linea Maremma Viva e i Lupi dell’Appennino. Perché? Ma perché, malgrado i
disastri del passato, non abbiamo imparato la lezione, e continuiamo a
trascurare gli interventi fondamentali, poco costosi e molto efficaci.
Quali? Educazione, prevenzione e risanamento.
A parlare è Franco Tassi, Coordinatore del Comitato Parchi ed Ecologo di fama internazionale. Cosa si sarebbe dovuto fare?“Sono anni che lo stiamo predicando, ma purtroppo sembra voce nel deserto. Non ripeteremo ancora una volta il famoso “Decalogo contro il Fuoco”, che stiamo diffondendo da anni (si veda Allegato). Preferiamo invece soffermarci per un attimo sui sette punti essenziali, semplici e poco dispendiosi, ma proprio per questo meno graditi a certi politici” . Eccoli in breve:
1.- Educazione:
la cultura antincendio dovrebbe partire anzitutto dalle scuole, anche
con visite, discussioni ed esercitazioni in natura. Avevamo proposto un
Museo, o Centro del Fuoco, e una serie di Itinerari nei luoghi percorsi
dagli incendi: ma come sempre si sono preferite cementificazioni e
cattedrali nel deserto.
2.- Segnaletica:
al principio del caldo, il pericolo va segnalato nel modo più visibile,
e fatto oggetto di spot promozionali ripetuti. Meno tabelloni
pubblicitari antiestetici e pubblicità radiotelevisiva invadente, e più
attenzione alla natura e all’ambiente.
3.- Controllo sociale:
è l’arma vincente contro l’idiozia dilagante, che va rappresentata dal
un elegante fumatore griffato che, dalla sua lussuosa auto, getta nella
siepe il mozzicone di sigaretta. Chi lo vede dovrebbe segnalarlo alla
Protezione Civile, che non potrà sanzionarlo, ma dovrà inviargli un
cortese ammonimento accompagnato dal pieghevole su rischi e conseguenze.
Non si tratta di delazione, ma di civile autodifesa. O sarebbe meglio
far finta di non vedere?
4.- Volontariato:
squadre di giovani volontari italiani e stranieri che perlustrano il
territorio nei periodi critici rappresentano il miglior investimento per
tutti, offrendo anche periodi di attività, socialità e cultura a tanti
disoccupati, per una missione alta: perché, come afferma Don Ciotti, “così ci si sporcano le mani, ma si pulisce la mente”.
5.- Ricerca scientifica:
da anni ricordiamo che esistono insetti capaci di percepire il calore
del fuoco e le radiazioni del legno che brucia a chilometri di distanza,
grazie a speciali “sensori”. Da loro la scienza biomimetica potrebbe
ricavare tecnologie robotiche di enorme valore, all’estero ci stanno
provando. Perché non da noi? Alle nostre proposte, risalenti a decenni
fa, si è risposto nel modo più elegante: con barbari tagli alla ricerca,
e poi con la soppressione del Centro Studi Ecologici Appenninici.
6.- Catasto:
alla favola che spento il fuoco per quindici anni non si potrà
costruire, in un Paese come l’Italia, non crede ormai più nessuno:
circola invece la barzelletta del catasto che non si vede perché non
c’è. Meglio allora creare un Libro nero dei terreni bruciati e restituiti per sempre a madre terra,
consultabile e scaricabile da chiunque e in ogni momento. Sommando le
superfici massacrate dalla criminalità e poi recuperate, si otterrebbero
immense aree protette a beneficio della collettività.
7.- Rigenerazione: la chiave di soluzione finale del problema sta proprio in questo: recintare e/o tabellare subito i terreni bruciati e lasciarli alla spontanea rinnovazione,
senza nessun intervento. In pochi anni la natura stessa farà il resto, e
questo diventerà un campo di studio ideale sulle capacità di
rigenerazione dell’ecosistema danneggiato, con semi portati dal vento o
dagli animali selvatici. Anni or sono eravamo riusciti a ottenere
qualcosa del genere al Monte Salviano nella Marsica e in parte anche
nella Pineta di Castelfusano. E oggi i risultati ottenuti sono evidenti.
Cosa
fa invece la nostra società civile, come reagiscono le nostre
istituzioni? Piangono, si disperano, minacciano tuoni e fulmini… Seguirà
qualche intervista o passerella, ma poi ben poco cambierà. Il
linguaggio resterà lo stesso: si parlerà di piromani anziché di
criminali ecologici, o eco-criminali, come sarebbe giusto. Si
invocheranno altre flotte di Canadair (che sono utilissimi, non c’è
dubbio, al pari degli elicotteri; come eroici sono i loro piloti, e
tutti coloro che intervengono contro il fuoco, a volte restandone
vittime: ma rappresentano soltanto l’estremo rimedio). L’alluvione di
parole inutili e la scarsità di fatti concreti dopo ogni catastrofe
costituiscono invece la costante della nostra storia recente, e sembra
di risentire le concioni che in Abruzzo seguivano a ogni massacro degli
ultimi orsi marsicani.
Perché
in fondo quella che deve cambiare davvero è la cultura di fondo:
svegliarsi dal sonno della ragione e dalla droga dell’egoismo, uscire
dall’analfabetismo ecologico, e aprire gli occhi e il cuore alla natura.
Senza la quale non potremmo vivere, né respirare.
Roma – Maremma Toscana, 21 agosto 2012
Fonte: Comitato Parchi Itallia