SCANZANO JONICO: I CESPUGLI SRADICATI DI POSIDONIA SONO UN SEGNALE
Un’altra mareggiata e si vedono i danni della pesca a strascico
SCANZANO JONICO. Nuova tempesta di pioggia e nuova mareggiata lungo le coste joniche. E nuova grave dimostrazione dei danni provocati dalla pesca a strascico con i trenta chilometri della nostra spiaggia letteralmente invasa da migliaia cespugli sradicati di posidonia e di altre piante della prateria marina tipica dei nostri fondali. Che si aggiungono a quelle già secche depositate dalle mareggiate di un mese fa. Le piante sottomarine vengono letteralmente sradicate dallo strascico illegale di reti e catene fatto per aumentare la quantità del loro pescato. Ciò significa distruggere un ecosistema che riossigena e rifauna l’intero golfo di Taranto. Se si vuole capire o avere la prova del perchè è una pesca illegale, si vada a vedere lo scempio che determina sui nostri fondali. Ad esempio a Terzo Cavone in questi giorni o dopo una qualsiasi mareggiata e si veda come sia invaso il litorale di tonnellate di piante morte. Un groviglio inestricabile e doloroso. Tra l’altro, con l’ul - tima mareggiata, la violenza del mare e del vento ha sradicato anche molti filari di canne che crescono lungo il torrente Cavone e che svolgono un naturale microfiltro verso gli inquinanti versati nel fiume più a monte. Oltre ad aver ripristinato il naturale decorso della foce del Cavone, un piccolo estuario che ogni estate viene modificato da ruspe e pale che cambiano per pochi metri i confini tra i comuni di Pisticci e Scanzano. È chiaro, dalla dimensione del fenomeno dello spiaggiamento delle posidonie, che manca il controllo contro lo strascico da parte della Capitaneria di Porto di Taranto e che molto disinteresse a risolvere la questione una volta per tutte proviene dallo stesso Dipartimento Ambiente della Regione. Così attento a rispondere immediatamente a tutela di una nuova perforazione di gas metano a Marconia e così pigro persino solo a far sapere una propria posizione rispetto al danno ecologico perpetuato quotidianamente lungo le nostre coste. Tra l’al - tro, come ha dimostrato la provincia di Livorno, per risolvere il problema una volta per tutte basta veramente poco, sia come impegno di spesa e sia come tecnologia da impegnare: riempire i fondali marini fino a 50 metri di profondità di blocchi di cemento uncinati. Gli uncini strappano irrimediabilmente le reti di questi pescatori di frodo strappando la volontà e l’interesse a delinquere. A furia di perdere le reti e il pesce, anche il più ostinato di questi malfattori smetterà di frodare. Gli interessi per i danni di una mareggiata passano non solo dal quantificare gli effetti sulle attività turistiche dell’uomo, ma anche dal capire fino in fondo ciò che va fatto. Sarà nuovamente inutile l’attesa per una risposta ed un impegno da parte del Dipartimento al ramo?
ENZO PALAZZO
Fonte: Gazzetta di Basilicata 23 gennaio 2009
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