venerdì 31 dicembre 2010

Articolo su Matera e Natura

Sul numero di Novembre-Dicembre 2010 di EV Magazine è stato pubblicato un bell'articolo dal titolo: "Matera, non solo Sassi" di Sandro Bassi e con le foto di Fabio Liverani. Si accenna anche al Falco grillaio e ad altre peculiarità del territorio.

 

giovedì 30 dicembre 2010

lunedì 20 dicembre 2010

domenica 19 dicembre 2010

Oggetti smarriti nel Parco!

Qualche distratto "escursionista" del Parco Regionale della Murgia Materana ha smarrito un oggetto personale! Chissà se era il fodero di un cavalletto fotografico! Oppure il fodero di una canna da pesca! O ancora meglio un innocuo sacco per il trasporto di spiedini per arrosto!
Ma vuoi vedere che questo strano oggetto è proprio il fodero di un fucile! Ma sì, magari usato solo per un set cinematografico...
Nel cuore del Parco, all'ombra di grandi arbusti di macchia, registriamo ancora inequivocabili ed oscure presenze!



Parco della Murgia Materana, 19 dicembre 2010

giovedì 16 dicembre 2010

martedì 14 dicembre 2010

sabato 11 dicembre 2010

Albanella pallida

Un giovane maschio di Albanella pallida (Circus macrourus) è stato affidato oggi al Centro Recupero Rapaci della Riserva di San Giuliano. Il ritrovamento è avvenuto nelle campagne di Montescaglioso grazie ad alcuni agricoltori attenti e sensibili che hanno notato il rapace in difficoltà a terra ed incapace di volare. Subito dopo la loro pronta segnalazione al numero verde 1515 del Corpo Forestale dello Stato e la successiva consegna al CRAS i responsabili hanno effettuato un rapido esame dello stato fisico allo scopo di capire le cause del ritrovamento di questo bellissimo animale. Un trauma all'ala dovuto ad un probabile impatto ed una notevole debilitazione hanno naturalmente impedito al rapace di volare ed alimentarsi facendosi facilmente raccogliere. Al momento è in fase di cura e osservazione e si spera di poterlo liberare al più presto, compatibilmente con le condizioni meteorologiche che in questo periodo in Italia sono particolarmente rigide e difficili per molti animali selvatici e soprattutto per i migratori transahariani come le albanelle pallide





venerdì 10 dicembre 2010

Una rete permanente per il Grifone

Una rete permanente per il Grifone. E' il principale risultato scaturito dal workshop “Il Grifone in Italia”, in corso di svolgimento a Castrovillari, durante il quale il presidente del Parco Nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra ha annunciato la stipula, con tutti i soggetti presenti, della cosiddetta “intesa di Castrovillari”.
Il documento è stato sottoscritto da tutti i soggetti partecipanti al workshop: Parco Nazionale del Pollino, UTB del Corpo Forestale dello Stato di Castel di Sangro, Parco Nazionale del Gran Sasso e monti della Laga, Parco Regionale dei Nebrodi, Parco Regionale delle Madonie, Vulture Conservation Found, Progetto Grifone Friuli Riserva Naturale Lago di Cornino, Università di Bari – Dipartimento Veterinaria, ASP Cosenza - Distretto Castrovillari U.O. Igiene Allevamenti e Prod. Zootecniche, Comune di Civita, Comune di Castrovillari, Università del Messico, Legambiente, Università di Urbino, CIPR Rende.

Si tratta di Enti - com'è scritto nell'intesa - “che al momento seguono in prima persona i programmi di reintroduzione di questo avvoltoio”.
L'intento del protocollo d’intesa è quello di “dare vita a una rete permanente tra i soggetti interessati a tale attività col fine di scambiare informazioni e di interpretare e manifestare in maniera unitaria le problematiche e le necessità da soddisfare”.

Con l'intesa si è voluto anche “ribadire l’importanza della tutela e conservazione degli equilibri ambientali" e "dei compiti e funzioni svolti dalle Aree Protette e dai diversi enti territoriali che garantiscono l’attuazione e il raggiungimento di tali importanti e complessi traguardi”.
Durante il workshop organizzato dal Parco, aperto dal direttore dell'Ente, Annibale Formica - che ha, tra l'altro, ribadito la rilevanza del bagaglio scientifico derivante dal progetto di reintroduzione del Grifone attuato dal Parco del Pollino sin dal 2001 - sono state evidenziate le varie esperienze condotte in Europa e in Italia. Di particolare interesse la relazione di Alvaro Camina, segretario della Fondazione del Grifone che ha esposto il tema della conservazione del Grifone in Europa e, segnatamente in Spagna, Francia e Bulgaria. Dalle Alpi orientali, con l'esperienza del Friuli alla Sicilia, nei Nebrodi, passando per il Pollino, l'incontro ha messo in risalto le problematiche di tale reintroduzione, ma anche i successi che incoraggiano ad andare avanti nonostante le difficoltà derivanti dai continui tagli finanziari che danneggiano proprio i programmi di tutela delle specie animali.
Pappaterra, ad esempio, ha dichiarato di voler "favorire un'ulteriore crescita del progetto e evitare la discontinuità avvenuta negli anni scorsi". Quindi, il presidente del Parco del Pollino, nel sintetizzare gli obiettivi del workshop ha sottolineato che era importante "raccontare l'esperienza costruita nel Parco nonostante le varie difficoltà amministrative incontrate". Candidando lo stesso Pollino a svolgere una funzione di coordinamento di una rete diffusa dell'esperienza italiana in stretta connessione con quella spagnola.

Nel pomeriggio il workshop prosegue con altre esperienze svolte nel Parco delle Madonie, sempre in Sicilia, in Abruzzo, nel Parco Nazionale del Gran Sasso Monti della Laga e in Sardegna.


Roberto Fittipaldi

10/12/2010
Fonte: BASILICATANET.IT

Rassegna stampa 9 dicembre 2010


CLICCA SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRE

mercoledì 8 dicembre 2010

Soccorso uno Sparviero

Nel pomeriggio del 6 dicembre è stato affidato al Centro Recupero Rapaci della Riserva Naturale di San Giuliano un giovane maschio di Sparviero rinvenuto nei pressi del bosco di Timmari in territorio di Matera. L'esemplare, raccolto e soccorso dai proprietari dell'Agriturismo Tempa Bianca, è stato immediatamente trasferito dal responsabile del Centro presso lo studio veterinario del dott. Vito Tralli a causa di una brutta frattura scomposta ed esposta dell'omero. Oltre a ciò lo Sparviero presentava all’esame clinico un trauma oculare evidenziato anche da ematoma ed una ferita alla narice, probabilmente dovuti ad un forte impatto.
E' stato effettuato un delicato intervento chirurgico nella speranza di potergli ridare la libertà.


Lo Sparviero dopo l'intervento all'omero

domenica 5 dicembre 2010

sabato 27 novembre 2010

Il Saltimpalo


Montescaglioso, Valle del Bradano, 26 novembre 2010

domenica 14 novembre 2010

sabato 13 novembre 2010

Albanella reale

Una giovane femmina di Albanella reale (Circus cyaneus)sorvola a bassa quota i campi adagiati ai lati del fiume Bradano, a pochi km dalla Riserva Naturale di San Giuliano. Una giornata tersa, tiepida e con una fulgida luce le permette di individuare le sue piccole prede nascoste tra l'erba. Ruderi isolati, all'apparenza insignificanti e privi di vita sembrano a volte attrarre maggiormente il rapace, forse perchè tra gli anfratti trovano rifugio micromamammiferi e piccoli uccelli. Pochi minuti per osservare scene di genuina bellezza di una Natura che giorno per giorno spalanca le sue finestre agli occhi di chi vuole ammirarla ed apprezzarla.

L'Albanella reale è un rapace di medie dimensioni con un'apertura alare che raggiunge al massimo 120 cm. Nidifica soprattutto nelle zone settentrionali e orientali dell'Europa e la sua presenza nelle nostre aree è legata alla migrazione e allo svernamento.

lunedì 8 novembre 2010

Enel e biodiversità

Enel e biodiversità:la tutela (di facciata) della lontra nel 2010, anno della biodiversità

Che l’Enel ormai si autorappresenti come un’industria dell’energia che tra i suoi nobili intenti ha a cuore la salvaguardia dell’ambiente è cosa risaputa. Basta andare sul sito di questa eco-impresa per comprenderlo: fonti rinnovabili, nucleare, eolico, fotovoltaico… tutte le politiche imprenditoriali dell’impresa vengono presentate come disinteressate iniziative di volontariato a favore dell’ambiente. Sembra proprio il sito di un’associazzione ambientalista: qualcuno potrebbe domandarsi se stiamo parlando del sito dell’ Enel o di associazioni come Greenpeace e WWF. Finchè si parla di energia possiamo anche capire i signori dirigenti di questa multinazionale: è ovvio che nelle strategie aziendali di una multinazionale come Enel, l’investimento per il profitto nelle fonti di energia rinnovabile, e nel nucleare, e nel carbone (e chi più ne ha più ne metta! ) venga anche presentato sotto la patina dello Sviluppo Sostenibile, della lotta ai cambiamenti climatici e dell’osservanza del Protocollo di Kioto, così political correct di questi tempi. La cosa più strana (strana per i profani ovviamente, non per chi è cosciente del fatto che il business si annidi anche sotto i progetti apparentemente più nobili) è che l’Enel, una multinazionale che si occupa di energia rinnovabile e non, sia impegnata da anni in progetti per la conservazione della biodiversità. La cosa è tanto più lodevole se pensiamo che i dirigenti dell’Enel sono così generosi da dedicare parte del loro tempo prezioso e della loro attività… alla preoccupazione per le specie minacciate dall’ estinzione. Ma veniamo a noi, e dati alla mano vediamo come stanno le cose.
Intanto la premessa è che “l’ Enel considera la biodiversità un patrimonio universale e per questo si impegna a preservarla promuovendo progetti concreti sia in Italia che all'estero, con il patrocinio del Ministero Italiano dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare - Direzione per la Protezione della natura e in collaborazione con Legambiente, Lipu, Marevivo, gli Enti Locali e i parchi coinvolti.” Udite udite… si chiamano in causa addirittura organizzazioni internazionali come la International Union for Conservation of Nature : “l’ impegno è in perfetto accordo con il Countdown 2010, l'iniziativa di sensibilizzazione promossa dalla International Union for Conservation of Nature (IUCN) per risvegliare l'attenzione di cittadini e politici sull'urgenza di attuare delle misure concrete per arrestare la perdita di biodiversità entro il 2010” (avverto sempre un po’ di puzza di marcio quando sento di parlare delle attività delle multinazionali dell’energia a favore dell’ambiente, ma questo è un mio parere personale). L’elenco dei progetti a favore della biodiversità è lungo:
“Quello che facciamo
• Centro di recupero per le tartarughe marine (Brancaleone – Calabria)
• Salvaguardia delle tartarughe Caretta caretta (Oasi di Lago Salso e Bosco di Rauccio - Puglia)
• Salvaguardia del grifone (Sardegna nord occidentale)
• Protezione della lontra (Alta Valle del Volturno - Molise)
• Salvaguardia della cicogna bianca (Parco della Valle del Ticino - Lombardia)

Quello che abbiamo fatto
• Vigilanza ambientale (Zona di Protezione Speciale Sila Grande - Calabria)
• Operazione cicogna bianca (Parco della Valle del Ticino - Lombardia)
• Conservazione del cervo (Parco Nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese – Oasi faunistica del cervo di Sasso di Castalda - Basilicata)
• Santuario delle farfalle (Isola d’Elba – Toscana)
• Conservazione del salmerino alpino ( Parco Naturale Adamello Brenta – Trentino Alto Adige)
• Conservazione del tritone crestato (Parco Nazionale della Sila – Calabria)
• Conservazione dell’orso bruno marsicano (Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise)
• Rotte migratorie (migrazione sicura sulla rotta del Mediterraneo centrale)
• Biodiversità marina “in luce”
• Studio e monitoraggio biologico terrestre e delle acque….”
(http://www.enel.it/it-IT/azienda/ambiente/biodiversita/lontra/)

Non c’è che dire, è proprio un bell’elenco. “Cosa c’è di male se una multinazionale fa tutto questo per la biodiversità?”, si dirà. Be’, la mia impressione è che l’Enel in parole povere “predica bene e razzola male”.
Visto che il Parco Nazionale del Pollino può vantare una formidabile biodiversità e visto che proprio il Pollino ha fatto da sfondo ad una delle vicende più contraddittorie delle politiche industriali dell’Enel e, non da ultimo, visto che sul Pollino esiste la lontra e numerose altre specie a rischio d’estinzione: sono disponibili parecchi elementi per aprire una bella riflessione… proprio su lontra, Enel e biodiversità. E alla fine sorgerà il dubbio che i progetti sulla biodiversità dell’Enel siano solamente uno strumento di immagine per questa multinazionale, e di giustificazione “ideologica” alle sue politiche industriali…
Intanto l’Enel, visto che sta finanziando, in Molise, un progetto volto al monitoraggio e salvaguardia dell’habitat della lontra, sostiene che: “il numero di esemplari della lontra in Italia si è drasticamente ridotto a causa di una caccia indiscriminata, dell’alterazione dell’habitat con inappropriate regimentazioni fluviali e della cementificazione degli argini”. L’Enel è cosciente anche (a parole, come si vedrà) che il rischio d’estinzione “è un fenomeno strettamente collegato all’azione dell’uomo che tende sempre più a dominare gli ecosistemi naturali assoggettandoli alle proprie esigenze agricole abitative e di spostamento”(Biodiversità. La difendiamo con l’energia, p. 21). Ma ecco i termini essenziali del progetto lontra in Molise:
“Con il sostegno di Enel viene avviato un progetto volto al monitoraggio e alla salvaguardia dell’habitat della lontra, con attività volte a:
• monitoraggio della presenza del mustelide e del numero di individui, per ottenere nuove informazioni sulla sua distribuzione e sull’utilizzo del territorio;
• perimetrazione delle aree, con la realizzazione di una recinzione a ridosso delle sponde del fiume Volturno in grado di preservare le abitudini ecologiche della specie;
• realizzazione di punti di osservazione della fauna ben mimetizzati;
• realizzazione di pannelli didattici per dare ampia informazione sul progetto.” (http://www.enel.it/it-IT/azienda/ambiente/biodiversita/; Biodiversità. La difendiamo con l’energia, p. 21)

Le belle parole che l’Enel scrive sul suo sito internet sono una cosa, altri sono i risvolti in termini di impatto ambientale delle sue politiche industriali!
L’Enel si preoccupa delle lontre, ma nel Parco del Pollino vuole aprire una centrale a biomasse e CDR, sfruttando e inquinando le acque del fiume Mercure, che è proprio quel tipico ambiente fluviale che l’Enel dice di considerare importante per la tutela di questo animale. Già la relazione Rabitti-Casson (2006) sulla V.I.A. della centrale aveva messo in rilievo, dati e normative vigenti alla mano, l’impatto negativo che l’utilizzo delle acque del Fiume Mercure avrebbe avuto sull’habitat di questo animale a rischio di estinzione. Nel corso degli ultimi dieci anni inoltre, diversi studi sono stati condotti sulla distribuzione della lontra nell’Italia meridionale. Nello studio condotto da Prigioni et al., (2005) si riporta la presenza di questa specie nel Parco Nazionale del Pollino; in particolare la presenza della lontra era stata riscontrata nei fiumi Sinni e Mercure-Lao. Il Parco Nazionale del Pollino e’ stato inoltre definito dagli stessi autori come un luogo strategico per la conservazione della lontra in Italia. Gli autori sottolineavano proprio la necessita’ di stabilire piani di management del corso dei fiumi in questa area al fine di migliorare la qualita’ degli ecosistemi fluviali e conservare questa specie.
Rabitti-Casson, nella relazione, riportavano una cartina del Parco dov’erano segnati i nuclei più consistenti della specie, in prossimità dei torrenti e fiumi del Pollino. Scrivevano i due studiosi: “una prestigiosa rivista del settore ha recentemente pubblicato un articolo relativo alla presenza della Lontra nel Parco del Pollino (…)
Dal marzo 2001 a dicembre 2002 , in 32 stazioni di campionamento(lunghezza 673
m) distribuite lungo 17 corsi d’acqua del Parco del Pollino ed aree limitrofe sono
stati mensilmente verificati segni della presenza della lontra (Lutra lutra),
specialmente “spraints” (termine inglese che significa esplicitamente escrementi di
lontra, Oxford Dictionary, n.d.r.). Tutti i corsi d’acqua si sono rivelati positivi per la
lontra, con una percentuale media del 82,2% specialmente nei bacini del Sinni e del
Mercure – Lao (zona centro settentrionale del parco)… (Rabitti-Casson, 2007, p.45). Era inoltre riportata la normativa in materia per la tutela delle specie a rischio d’estinzione: “la lontra risulta quindi tutelata ai sensi delle seguenti norme:
• L. 157/92 art. 2: specie specificatamente protette all’art. 2 della legge del 11
febbraio 1992.
• Habitat all.2 = Allegato 2 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato
Specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione
richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.).
Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del 27 ottobre 1997.
• Habitat all.4 = Allegato 4 alla Direttiva 43/92/CEE “Habitat” denominato
Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una
protezione rigorosa. Aggiornato con la Direttiva 97/62/CE del Consiglio del
27 ottobre 1997.
• BERNA Ap.2: allegato 2 convenzione sulla conservazione della vita selvatica
dell’ambiente naturale in Europa, adottata a Berna il 19 settembre 1979.”(Rabitti-Casson 2006, p.48). Inoltre “la lontra è inserita nell’elenco
delle Specie animali e vegetali di interesse comunitario la cui conservazione
richiede la designazione di Zone Speciali di Conservazione (Z.S.C.).
Il corso del Mercure dovrebbe quindi divenire ZSC” (Rabitti-Casson 2006, p.52). Concludevano Rabitti-Casson: “La sicura presenza nel fiume Mercure – Lao della Lontra (specie protetta, che
potrebbe essere minacciata dall’inquinamento termico derivante dagli scarichi della
centrale [grassetto mio ndr]) fa scattare il meccanismo delle tutele specificatamente previste dalla normativa testè indicata. Ne consegue che il progetto in esame si scontra pure con le previsioni legislative derivanti dalla applicazione delle Direttive e delle Convenzioni internazionali suindicate” (Rabitti-Casson 2006, p.57). “E’ evidente che la norma deve essere rispettata, ma l’obiettivo di qualità di un corpo idrico recettore che vede la presenza di una specie come la lontra, tutelata da tutte le norme e le convenzioni sopra citate, deve essere semplicemente quello di mantenere la straordinaria qualità ambientale che permette appunto la presenza di un indicatore ecologico sensibilissimo come, appunto, la lontra.” (Rabitti-Casson 2006, pp. 51-52).

Inoltre l’Enel parla di biodiversità, ma disconosce che una centrale a biomasse con sfruttamento in loco delle foreste sarebbe devastante proprio per l’habitat di quelle specie uniche che popolano i boschi del Parco Nazionale del Pollino.

L’Enel collabora con associazioni ambientaliste e istituzioni per la tutela delle specie protette, ma poco si preoccupa della conservazione dell’habitat di quelle stesse specie, che andrebbe preservato con rigide norme di tutela… e soprattutto non certo costruendo centrali a biomasse e inceneritori nel cuore di un parco nazionale, in una ZPS del Parco Nazionale del Pollino, e questo proprio nel 2010, anno internazionale della biodiversità!

Fonti:
• http://www.enel.it/it-IT/azienda/ambiente/biodiversita/lontra/
• Biodiversità. La difendiamo con l’energia, p. 21, http://www.enel.it/it- IT/doc/azienda/ambiente/Biodiversita_Ita_.pdf
• d.Prigioni, C. et al. 2005b. Distribution and sprainting activity of the otter (Lutra lutra) in the Pollino National Park (southern Italy). Ethology Ecology & Evolution 17:171–180.

Saverio De Marco, Consigliere Nazionale AIW (Associazione Italiana Wilderness)

Liberazione Airone guardabuoi

In data 07 novembre 2010 il CRAS operante presso la Riserva “Lago Pantano di Pignola” ha rimesso in libertà un esemplare di Airone guardabuoi (Bubulcus ibis).
Il soggetto, rinvenuto nella media Val d'Agri, era pervenuto alcuni giorni fa presso il centro recupero fortemente debilitato a seguito di un trauma cranico.
Successivamente alla riabilitazione è stato liberato presso il Lago di Pignola, in una zona con caratteristiche ambientali giudicate idonee per la biologia della specie.
L'Airone guardabuoi è ancora decisamente raro in Basilicata, dove compare per brevi periodi solo durante le migrazioni. Recentemente, però, si è assistito ad un progressivo aumento delle segnalazioni sul territorio regionale, fenomeno che fa seguito ad una generalizzata tendenza all'incremento osservata anche altre regioni d'Italia.
In questo senso il ruolo svolto dai CRAS per il recupero dei dati di accertata presenza risulta fondamentale al fine di colmare le lacune conoscitive che ancora oggi caratterizzano la Basilicata.
Prima del rilascio il soggetto è stato inanellato dal Dott. Egidio Fulco, in modo da consentire il riconoscimento individuale in caso di ricattura. Tale operazione si inserisce nella collaborazione instaurata tra la cooperativa Nova Terra e lo Studio Naturalistico Milvus, che fin ora ha già consentito di marcare numerosi uccelli recuperati dal CRAS.



martedì 26 ottobre 2010

domenica 24 ottobre 2010

Aironi guardabuoi








Circa 40 aironi guardabuoi (Bubulcus ibis) erano presenti sabato 23 ottobre nella Riserva di San Giuliano. Un gruppo era nei pressi delle rive del lago, mentre l'altro era poco lontano alla ricerca di prede in alcuni terreni agricoli ai lati del fiume Bradano, per nulla disturbati dalla presenza di un trattore.

venerdì 22 ottobre 2010

Insetti d'autunno


Iris oratoria, Riserva Naturale di San Giuliano, 18 ottobre 2010

martedì 12 ottobre 2010

Poiana


Valle del Bradano, presso la Riserva Naturale di San Giuliano, 12 ottobre 2010

Una volpe curiosa


Nella Valle del Bradano, presso la Riserva Naturale di San Giuliano, 12 ottobre 2010

domenica 10 ottobre 2010

Fioriture d'autunno - Montescaglioso


Urginea maritima, Difesa San Biagio 10 ottobre 2010


Urginea maritima, Difesa San Biagio 10 ottobre 2010


Colchicum cupanii, Difesa San Biagio 10 ottobre 2010

venerdì 8 ottobre 2010

Fioriture d'autunno - Parco Murgia


Urginea maritima, Murgia Materana, 6 ottobre 2010


Urginea maritima, Murgia Materana, 6 ottobre 2010



Sternbergia lutea, Murgia Materana, 6 ottobre 2010

lunedì 4 ottobre 2010

La giungla dell'energia si fa sempre più intricata

La giungla dell'energia si fa sempre più intricata prefigurando, come previsto, uno spreco di denaro pubblico, un degrado di territorio e habitat naturale e, ciliegina sulla torta... mancata produzione di energia! A chi giova questo gioco perverso?



GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO - 4 OTTOBRE 2010

Liquami in contrada Pozzitello a Pisticci

martedì 28 settembre 2010

Video della moria di pesci a Foce Cavone

Questo video è molto eloquente ed evidenzia lo stato dei fatti alla foce del Cavone. Non si sa bene quale sia la causa di questo fenomeno ma considerata la quantità di esemplari giacenti sulla spiaggia è quasi certo che molti altri animali come gabbiani, rapaci, aironi, limicoli, volpi, ecc. se ne sono nutriti abbondantemente. Questa cosa è molto grave soprattutto se si dovesse accertare nei prossimi giorni che questi pesci sono morti per inquinamento chimico. La catena trofica è tutta qui. Il predatore, o meglio (in questo caso) il necrofago, che mangia cibo avvelenato a sua volta accumula nei suoi tessuti sempre maggiori quantità di sostanze tossiche fino a quando si manifestano effetti sul suo organismo. A volte muore presto, a volte tardi (e chissà dove), a volte non muore ma di sicuro trasferisce in altri organismi una certa dose di sostanze tossiche o nel migliore dei casi può diventare sterile o produrre prole con problemi. Nulla si distrugge ma tutto si trasforma e spesso si intacca negativamente la Biodiversità!
Gli enti preposti al controllo e alla prevenzione ambientale in un caso simile dovrebbero (e si spera l'abbiano fatto) immediatamente provvedere alla rimozione di tutte le carcasse dall'area interessata sia per evitare danni alle altre specie, sia per monitorare in modo più razionale l'evolversi del fenomeno. Se l'area viene "ripulita" possiamo notare se ci sono ancora problemi ma se le carcasse di ieri si confondono con quelle di oggi o di domani non sapremo se il fenomeno è ancora in corso e in quale misura. Il monitoraggio si fa anche così!
Sarebbe opportuno che in caso di ritrovamento nelle aree limitrofe di qualsiasi esemplare (appartenente alle categorie dei potenziali ittiofagi cioè aironi, rapaci, mammiferi vari, ecc.) in difficoltà o anche già deceduta venga recuperata la carcassa e vengano avvertite le autorità sanitarie preposte affinchè si possa provvedere ad una maggiore raccolta di dati sul fenomeno che in questi giorni interessa un Sito di Importanza Comunitaria quale è la Foce del Cavone.

domenica 26 settembre 2010

I campanelli suonano a foce Cavone

Dopo invasioni di campo da parte di qualche molecola cattiva, alcuni organismi acquatici muoiono subito, l'uomo più lentamente. Quasi non ce ne accorgiamo. Leggiamo di pesci morti o di granchi moribondi e pensiamo, in fondo in fondo, ma sì... sono solo pesci! Ma forse non abbiamo ancora capito che questi vertebrati ed invertebrati che popolano le nostre acque, apparentemente sporche o pulite che siano, sono i nostri campanelli di allarme. E che suonano il loro inno della morte o della sofferenza molto prima dei laboratori "ufficiali"... Scommettiamo? Fatte le analisi tutto tornerà come prima, come sempre. E i pesci torneranno a guizzare mentre noi aspetteremo la prossima scappatella delle solite molecole sfuggite ai soliti ignoti... Ma nei nostri organismi, sempre più fragili, esposti e indifesi, si fa sempre più strada l'esercito delle incognite e delle paure. Meditiamo...

Qui l'articolo di cronaca "fluviale"che dovrebbe far meditare...

CLICCA SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRE


e qui un articolo corredatoo da foto eloquenti pubblicato su Pisticci.com

giovedì 23 settembre 2010

Aironi guardabuoi a San Giuliano

L'Airone guardabuoi (Bubulcus ibis) è un piccolo airone che si riconosce per il corpo tozzo e per collo, becco e zampe relativamente corti. Nella Riserva di San Giuliano fino a 2-3 anni fa era relativamente difficile osservarli ma ora, grazie ad una generale espansione della specie a livello nazionale, è possibile vederlo anche in quest'area protetta, spesso al seguito di ovini. La loro caratteristica abitudine di stare sul dorso di animali pascolanti li rende facilmente riconoscibili anche da lontano e riportano alla mente gli sconfinati paesaggi africani in cui, grazie ai numerosi documentari naturalistici trasmessi dalle TV, spesso si osservano questi simpatici ardeidi sul dorso di gnu, elefanti, ippopotami o zebre...
Un motivo in più per rispettare e tutelare la preziosa biodiversità che racchiude la Riserva Naturale di San Giuliano.
In Italia questa specie negli ultimi 25 anni è passata da 1-2 coppie a circa 800 nel 2000 (Brichetti & Fracasso, 2003). La maggior parte delle coppie risulta localizzata nella pianura padana.

Le belle foto qui sotto sono state scattate pochi giorni fa da Alfredo Vilmer Sabino che ringrazio per averle messe a disposizione di questo blog.





lunedì 20 settembre 2010

Dalla Basilicata 2 giovani bianconi seguiti con il GPS



Grazie a un progetto finanziato dall’Osservatorio Faunistico della Regione Basilicata e dall’Università di Alicante (Spagna), nel mese di luglio del 2010 sono stati marcati con trasmittenti GPS/Argos per la prima volta in Italia due giovani Bianconi (Circaetus gallicus), nel Parco Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane. Ai Bianconi sono stati dati i nomi di Nic e Biagio. Le trasmittenti, dal peso di 45g (meno del 3% del peso delle aquile) funzionano tramite telemetria satellitare, una tecnica attraverso la quale è possibile seguire le migrazioni degli uccelli attraverso piccole radio alimentate da pannelli solari. Questi strumenti, che sono stati applicati tramite un leggerissimo “zainetto” pochi giorni prima che le giovani aquile si involassero dal nido, inviano dei dati (coordinate, ora e data) che sono poi scaricabili da internet. Il Biancone è un’aquila che nidifica in ambienti mediterranei, si nutre quasi esclusivamente di serpenti, e trascorre l’inverno prevalentemente in Africa. Il sistema GPS consente di localizzare i bianconi con precisione e quindi di valutare le rotte di migrazione utilizzate per attraversare il Mediterraneo e il Sahara, nonché di determinare le aree di svernamento in Africa tropicale. Con pochi mesi di vita le giovani aquile dovranno quindi affrontare un viaggio di migliaia di chilometri, sorvolando barriere naturali come il mare e il deserto, caratterizzate da ambienti ben diversi da quelli della Basilicata, in cui hanno trascorso i primi mesi di vita. In questa pagina sarà possibile seguire sulle mappe gli spostamenti dei Bianconi. La riproduzione dei contenuti di questa pagine e la relativa citazione sono consentite solo su autorizzazione degli enti finanziatori (Parco Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane - Università di Alicante, Spagna). Per informazioni è possibile contattare Ugo Mellone (ugomellone@libero.it) o info@parcogallipolicognato.it


Visualizza Nic - autumn migration 2010 in una mappa di dimensioni maggiori


Visualizza Biagio - autumn migration 2010 in una mappa di dimensioni maggiori

Fonte: http://www.parcogallipolicognato.it/ita/web/nav.asp?nav=130

lunedì 13 settembre 2010

Falco pescatore alla foce dell'Agri








In data 13 settembre 2010, durante i consueti sopralluoghi rivolti al monitoraggio dell'avifauna lungo la costa jonica lucana, è stato osservato un Falco pescatore (Pandion haliaetus) presso la Foce dell'Agri (MT).
Il soggetto (un giovane dell'anno) recava un anello metallico posto su una delle zampe, dunque si trattava di un individuo inanellato.
La pratica dell'inanellamento consente di marcare i soggetti con anelli alfanumerici al fine di ottenere informazioni sui movimenti migratori, la struttura di popolazione e altre componenti eco-etologiche la cui conoscenza è indispensabile per attuare corretti piani di conservazione.
L'anello metallico del Falco pescatore osservato, purtroppo, non era leggibile; tuttavia è molto probabile che l'individuo provenisse dalla penisola scandinava (Finlandia o Svezia) dove in effetti sono attivi moltissimi programmi di inanellamento rivolti in particolare a questa specie.
La costa jonica lucana conferma ulteriormente il ruolo strategico che svolge nell'ambito della migrazione dell'Avifauna, "convogliando" i migratori provenienti da Nord-Est verso le aree di svernamento localizzate a Sud-Ovest.

Egidio Fulco

Tesori della Murgia



SALVATO IL CASONE DI SANT'ANDREA

di EMILIO OLIVA

Stava cadendo a pezzi. Le infiltrazioni di acqua e di radici, oltre alle muffe e allo stato generale di abbandono, avevano messo in serio pericolo la costruzione, una testimonianza dell’economia pastorale che si fa risalire al XVIII secolo, unica nel suo genere per la sua architettura contaminata da stili orientali. Tanto che lo studioso Mario Tommaselli lo aveva paragonato ad una «moschea con il minareto». Ma dopo un attento restauro, costato appena 40mila euro, il Casone della Murgia è stato recuperato al patrimonio rupestre e sotto la gestione dell’Ente Parco della Murgia materana potrà diventare la base operativa dei percorsi turistici e naturalistici della zona di Sant’Andrea, a Montesca glioso. Gli artefici di questa impresa, consegnata all’umanità senza clamori, si chiamano Guglielmo Strada, Fondazione Zetema, Massimiliano Burgi, Michele e Fr ancesco Paolo Sacco, oltre allo stesso Tommaselli. Burgi, architetto, è il progettista e il direttore dei lavori di restauro che l’im - presa dei fratelli Sacco ha eseguito in modo esemplare, praticamente a costo zero. Michele D’Elia, direttore tecnico scientifico di Zetema, gli aveva raccomandato di «ritornare spesso nel sito – ha rivelato Burgi – per capire cosa vuole il Casone da te». Il giovane architetto ha seguito il consiglio e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Proprietario del Casone è Guglielmo Strada, uno tra i pochi privati che comprendendo il valore del bene lo ha ceduto in comodato alla Fondazione Zetema. «Quando cominciammo a parlare di questo progetto, nato da una idea comune dell’avv. Raffaello De Ruggieri, mia e dell’amico Tommaselli – racconta – tutto sembrava possibile, ma arduo il cammino. Ricordo le parole dell’avvocato: “Prima i fatti e poi le parole”. E così è stato fatto. Nel giro di pochissimo tempo, grazie alla sua grinta e all’aiuto di validi collaboratori si è potuto salvare in extremis questo edificio, unico nel suo genere. Ci auguriamo che si continui su questa strada e che si possano salvare i numerosi tesori nascosti nel territorio, altrimenti destinati al degrado e alla dimenticanza». Per la Fondazione Zetema è come sfondare una porta aperta. Il restauro del Casone si inserisce in una certosina ed efficace missione di recupero di monumenti e simboli del passato inaugurata da Zetema con il restauro della Cripta del peccato Originale, definita per la ricchezza di affreschi «la Cappella Sistina del rupestre materano». Ma la lista di monumenti restaurati e da inaugurare è destinata ad allungarsi.

«Le prossime, tra qualche mese, pensiamo a novembre, saranno le chiese rupestri di Santa Margherita e Santa Lucia a Melfi», annuncia Raffaello De Ruggieri, presidente della Fondazione, pur dichiarandosi fedele al principio di voler comunicare sempre e comunque con i fatti. Un altro principio osservato da Zetema anche in questa occasione supera persino il valore di ogni restauro perché affronta il problema del dopo, cioè del futuro del monumento, perché non ricada nell’abbandono.

«Prima di intervenire sul fronte conservativo occorre avere un’idea gestionale», ammonisce De Ruggieri. Non a caso la nuova storia del «minareto» ha inizio adesso con l’Ente Parco della Murgia che a giorni lo riceverà ufficialmente in gestione per affidarlo al Centro di educazione ambientale di Montescaglioso e metterlo a servizio delle sue attività. Ro- berto Cifarelli, presidente dell’Ente Parco, è convinto che questa sia la strada per trasformare Matera, Montescaglioso e il territorio murgiano da «meta di passaggio» a «meta turistica autonoma e autosufficiente » in grado di «portare valore aggiunto» all’economia locale. Il restauro del Casone rafforza i programmi di recupero e di salvaguardia di monumenti, siti e manufatti che rappresentano i segni distintivi della Murgia e della civiltà rupestre, un patrimonio unico e irripetibile che «i ragazzi della Scaletta» negli anni Sessanta cominciarono a studiare e a candidare ad azioni di tutela contro spoliazioni, vandalismi, abusi e abbandono. Sarebbe un delitto se nessuno raccogliesse il loro testimone per continuare nel tempo quel lavoro, anche se l’entusiasmo, la passione, la tenacia e la tensione ideale dovessero ricordare solo pallidamente l’indimenticabile stagione spesa da quei «ragazzi», oggi ultrasessantenni, animatori del circolo culturale, per la conoscenza e la tutela del territorio e del suo patrimonio.


«Come una piccola moschea con il minareto sulle vie della transumanza»

Tra centinaia di casoni sparsi in Basilicata sulle vie della transumanza quello di Murgia Sant’Andrea è forse il più singolare. A colpire è la sua struttura architettonica per la quale lo studioso e naturalista Mario Tommaselli lo paragonò ad «una piccola moschea con il minareto». La spiegazione la trova nel fatto che l’Abbazia benedettina di Montescaglioso, nei cui tenimenti rientrava l’area in cui è sorto, «aveva commende, come tutte le altre, anche in paesi orientali. In Siria ci sono modelli molto simili in luoghi di culto». A rafforzare questa tesi è l’a rch. Massimiliano Burgi, che ne ha diretto il restauro, evidenziando le «tre forme archetipe di cui si compone, il cerchio, il rettangolo e il quadrato, ognuna delle quali con una destinazione precisa. La parte circolare, che unisce gli altri ambienti, «con una cupola a forma di pera», ospitava il soggiorno di mandriani e pastori. Nella parte quadrata, il camino, si completava la lavorazione di formaggi e ricotte. La parte rettangolare era adibita al ricovero di cavalli o muli e asini».

Sorge in un «punto nodale» dei percorsi della transumanza, tra il mare e la montagna, tra il Metapontino e le serre del Melfese, in un’area come quella materana e montese dove si incrociavano regi tratturi. «Oggi la transumanza è tutt’altra cosa, si fa con i camion. Ma a quei tempi avveniva a piedi e richiedeva giorni. Erano dunque necessari pernottamenti, per gli uomini e per le bestie. Nei casoni mandriani e pastori potevano soggiornare e avevano diritto a farlo per 24 ore, in casi eccezionali per 48 ore. Quando andavano via, restava un addetto che aspettava i compratori di ricotte e formaggi. perché i compratori che provenivano dai paesi della zona sapevano di questa trasmigrazione e conoscevano i giorni e le ore». Il casone è un tassello di quel complesso mosaico di monumenti e costruzioni che esprimono l’identità del patrimonio murgico. Ma proprio per la sua architettura originale, dopo il restauro, arricchisce il forziere di tesori custoditi nel territorio materano e salvati in tempo, prima che si conservassero soltanto in qualche fotografia, come dice Tommaselli.

«Quando il tenimento di Murgia Sant’Andrea fu espropriato, prima con le leggi napoleoniche, dopo con quelle del 1860, con l’unificazione d’Italia, quest’area fu fatta a pezzi e lottizzata andando in mano a privati. Fu un passaggio doloroso, perché allora non si comprese che questa unità del territorio era di vitale importanza». Un altro rischio che corrono i tesori della Murgia sono l’abbandono e il disinteresse delle istituzioni. Alla Regione, ma a uomini che si sono succeduti nell’arco di più legislature, Tommaselli rimprovera di aver emanato una legge per l’istituzione dell’Ente Parco della Murgia ignorando di aver assunto con essa un impegno, «che non era solo morale». L’idea di Tommaselli è che non avrebbe dovuto sentirsi chiedere qualcosa dall’Ente Parco o sollecitare interventi o risorse, ma invertendo i termini «pretendere dall’Ente Parco» i risultati di un’azione di tutela. « È come se un figlio – spiega meglio lo studioso – venisse privato del vitto o dell’alloggio oppure venisse abbandonato. Mi auguro che prima o poi questa Regione riesca a capire che quando fa una legge ha il dovere di rispettare quanto ha approvato». [em.ol.]

Fonte:
http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/GdM_dallabasilicata_NOTIZIA_01.php?IDNotizia=365869&IDCategoria=12

mercoledì 1 settembre 2010

Il Capovaccaio Arianna è tornato in Basilicata!

Dopo il suo rilascio in Puglia nel 2006 e una lunga permanenza in Africa centrale il Capovaccaio "Arianna" è tornato in Italia e precisamente in Basilicata. Il 13 agosto, dopo attente ricerche e monitoraggi nelle aree idonee alla specie, anche con l'ausilio dei deboli segnali radio emessi dal trasmettitore satellitare di cui è dotata, finalmente la scoperta! L'unico sito in cui Arianna è stata vista è dunque in Basilicata, in un'area caratterizzata da pascoli aridi frequentati da bovini, ovini e caprini e assolutamente poco antropizzata! Si conferma come il progetto di restocking del Capovaccaio avviato da diversi anni in Italia grazie al CERM diretto da Guido Ceccolini e con la collaborazione dell'Oasi LIPU di Laterza è perfettamente riuscito e ci indica quali devono essere le caratteristiche delle aree in cui gli esemplari di ritorno dall'Africa possono potenzialmente insediarsi ed eventualmente nidificare. Ora Arianna ha bisogno di essere lasciata tranquilla sperando che presto possa riprodursi ed incrementare la piccolissima popolazione italiana formata da non più di 7 coppie allo stato attuale. Una di esse è stata aiutata grazie ai carnai effettuati in Basilicata con il contributo di ALTURA e si è riprodotta con successo portando all'involo due giovani.
Al seguente link un comunicato della LIPU:
http://www.lipu.it/news/no.asp?1026


Arianna è dotata di due anelli di riconoscimento!




L'unico documento video sul ritorno di Arianna in Italia!

martedì 31 agosto 2010

La migrazione dei bianconi è in atto



In Basilicata la migrazione del Biancone (Circaetus gallicus) verso il continente africano è già in corso, così come in molte altre regioni. Prestando attenzione a molte zone con caratteristiche idonee alla specie, in particolare aree aperte ricche di rettili, in questi giorni è facile osservare questa straordinaria "aquila dei serpenti" dalle dimensioni davvero ragguardevoli. Si spera che durante il suo avventuroso viaggio (di cui ancora si stanno studiando le rotte delle diverse popolazioni italiane) non abbia la sfortuna di incappare in qualche bracconiere, anche perchè già dal 1 settembre migliaia di fucili da caccia saranno pronti a sparare. Questo individuo è stato fotografato questa mattina in prossimità della Riserva Naturale di San Giuliano.