sabato 31 gennaio 2009

Tanti morti e feriti a causa della caccia

Comunicato stampa,

Milano , 30 gennaio 2009

31 gennaio termina la stagione di caccia.
Ecatombe anche di esseri umani per lo scarso rispetto delle norme di sicurezza
Il bracconaggio resta fuori controllo in diverse aree del Paese, mentre al Senato si prepara la grande deregulation.
37 morti e 73 feriti sono il corollario di una stagione venatoria ove il rispetto delle norme di sicurezza, oltre che della fauna protetta è ancora una chimera.
Al tramonto di sabato 31 gennaio si conclude la stagione di caccia 2008/09, iniziata a settembre.
I cacciatori italiani sono passati dai 2 milioni degli anni ’60 ai circa 700.000 di oggi, ed un’attività ormai oggetto del disprezzo della maggioranza degli Italiani, di scarso interesse per i giovani d’oggi, cerca di sopravvivere ai propri errori invocando assurde deregulations , anziché concorrere alla salvaguardia del patrimonio faunistico e degli habitat.
I dati della stagione di caccia che volge alla fine attestano una sequenza impressionante di fatti di sangue o altri incidenti di caccia: 37 morti e 73 feriti per episodi correlati all’impiego di armi da caccia o all’esercizio venatorio (circa la metà nel corso di battute di caccia al cinghiale). 2 morti e 6 feriti tra gente comune coinvolta ,anche se non stava praticando la caccia.
Anche l’alto numero di cacciatori colpiti da infarto nella zone di caccia, mentre vagavano con armi cariche, dimostra la frettolosità degli esami medici per il rinnovo delle licenze, e l’inadeguatezza del Decreto del Ministero Sanità del 28/4/1998 sui requisiti psicofisici per esercitare la caccia, che nulla prescrivono o vietano in caso di malattie cardiovascolari.
L’insufficienza dell’attività di vigilanza non riesce ancora a contrastare alcune importanti sacche di bracconaggio, come nella provincia di Brescia, nei laghi costieri pugliesi, in Sardegna e nelle lagune venete, compreso in special modo il Delta del Po, nelle piccole isole tirreniche e siciliane, ove imperversano l’abbattimento di esemplari di specie protette, il mancato rispetto dei limiti di carniere, l’impiego di mezzi non consentiti (come trappole, lacci, uso di richiami acustici a funzionamento elettromagnetico).
Ancora inattuato dalle Regioni il divieto di impiego di pallini di piombo nella caccia in zone umide, previsto dalla legge 66/2006.
Sono sempre in corso due ulteriori procedure di infrazione comunitaria, avviate dalla Commissione UE, su violazioni da parte di 13 Regioni della Direttiva 79/409 CEE sulla protezione degli uccelli selvatici, per la caccia in deroga a specie protette (come fringuelli, peppole, passeri).
Nel frattempo in Commissione Territorio/Ambiente del Senato si sta elaborando il testo unificato di una decina di proposte di deregulation (quasi tutte del PDL), per aumentare i periodi di caccia, depenalizzare sia l’uccisione di specie protette, sia l’uso dei bocconi avvelenati e lo sparo dagli autoveicoli, e per incrementare la mobilità interregionale dei cacciatori di animali migratori.

Lega Abolizione Caccia, Ufficio Stampa

Vogliono mettere i fucili in mano ai ragazzi di 16 anni!

ROMA - Si potrà sparare a 16 anni: sul tappeto, infatti, l'ipotesi per i minori della possibilità di andare a caccia con un 'patentino', un fucile in prestito e un amico cacciatore. A prevederlo l'ultima versione, del 28 gennaio 2009, del testo di modifica della legge 157/92 sull'attività venatoria. Il testo, composto da 37 articoli, del relatore Franco Orsi, senatore del Pdl, dovrebbe approdare al Comitato ristretto della commissione Ambiente del Senato.

E, intanto, oggi cala il sipario sulla stagione venatoria 2008-2009, passata anche questa volta tra ricorsi al Tar, deroghe e violazioni. In particolare, l'articolo 12, comma 8-bis, del testo di Orsi recita che "chi abbia compiuto il sedicesimo anno di età e abbia superato l'esame" di abilitazione "all'esercizio venatorio" riceve "dalla questura un attestato di tirocinio" con i nomi di tre cacciatori con licenza da almeno 5 anni. Il tirocinante, pertanto, "può esercitare l'attività venatoria purché accompagnato" e "può utilizzare un fucile reso in comodato".

Tra le altre modifiche, nel testo si prendono di mira i migratori anche nel momento del "rientro", quello in cui, al tramonto, si raggruppano in cielo formando "un mucchio": si consente "la caccia di appostamento alla fauna migratoria fino a mezz'ora dopo il tramonto".

La vigilanza dell'attività venatoria, da parte delle guardie zoofile, sarà possibile "esclusivamente nei parchi nazionali e regionali, nelle zone di ripopolamento e cattura, nelle oasi e nelle altre zone sottratte all'attività venatoria". Ma novità arrivano sui tempi: "Sono consentiti l'immissione e l'abbattimento, anche al di fuori dei periodi e degli archi temporali, di fauna selvatica di allevamento", nelle aziende istituite con fini di impresa agricola.

E sempre all'interno di queste aziende, "per le sole specie allevate oggetto di immissione, la provincia può autorizzare l'attività di prelievo fino a un'ora dopo il tramonto". E, spiega un tecnico, dietro finalità agricole e addestramento dei cani, "l'apertura dell'attività venatoria per tutto l'anno".

A puntare il dito contro "l'ennesimo, becero, tentativo dei soliti noti a caccia dei voti di bracconieri" sono cinque associazioni ambientaliste Amici della Terra, Fare Verde, Legambiente, Lipu e Wwf Italia, aderenti al tavolo di concertazione sociale sulla legge 157/92. Per le associazioni i punti chiave sono il rafforzamento della ricerca scientifica, l' individuazione di soluzioni efficaci per i danni all'agricoltura e un serio piano di lotta al bracconaggio. L'Enpa (Ente nazionale protezione animali) esprime invece "grande apprensione per la possibilità data agli adolescenti di cimentarsi con le armi da fuoco".

Fonte: Ansa 2009-01-31

Per capire cosa significa eolico selvaggio

Oltre alla questione petrolio la Basilicata è investita, sul piano energetico, anche dal sistema dell'eolico selvaggio che sta distruggendo importanti e straordinarie aree di rilevante interesse paesaggistico e naturalistico. Siccome non se ne parla molto tra i lucani e tra le associazioni e molti tacciono su quello che c'è effettivamente dietro questa macchina lucrosa vediamo il servizio video qui sotto per capire i numeri, i flussi di denaro e le prospettive per le popolazioni locali. Il contenuto del servizio calza perciò perfettamente anche per la nostra regione, sempre sedotta e ridotta ad una colonia delle multinazionali del petrolio e del vento.

domenica 25 gennaio 2009

La trasmissione Ambiente Italia nel Parco della Val D'Agri

La fauna acquatica delle zone umide è un barometro ambientale


Il monitoraggio della fauna svernante nelle province di Matera e Potenza, appena concluso, ha avuto non solo l'obiettivo di ricavare dati qualitativi e quantitativi sulle specie ed individui che scelgono le zone umide lucane per trascorrere i mesi più freddi ma anche quello di cogliere eventuali segnali che possono rappresentare elementi di valutazione e discussione su questioni di portata più ampia. Lo stato di salute degli animali deve essere monitorato in primo luogo nelle zone umide poichè queste rappresentano ecosistemi sensibili e vulnerabili.
L'ornitologo Egidio Fulco durante i censimenti IWC per monitorare le popolazioni di uccelli acquatici svernanti nelle zone umide della Basilicata, il giorno 22 gennaio di quest'anno, presso l'invaso di Monte Cotugno ha osservato un esemplare adulto di Gabbianello (Larus minutus), il più piccolo tra i gabbiani, migratore irregolare e svernante irregolare nella nostra regione. Questo piccolo laride è difficilmente osservabile nelle acque interne in quanto frequenta tendenzialmente le coste. Il soggetto notato dall'ornitologo presentava evidenti difficoltà a prendere il volo a causa di una sostanza oleosa che imbrattava gran parte del piumaggio. Nonostante i tentativi di recuperarlo allo scopo di sottrarlo ad un destino incerto e per poterne esaminare da vicino la causa dell'imbrattamento, non è stato possibile riuscirvi.
L'episodio fornisce un importante spunto di riflessione circa la pericolosità, per la fauna selvatica e per l'ambiente, delle sostanze inquinanti presenti nelle acque interne della Basilicata, che silenziosamente e subdolamente deteriorano gli ecosistemi acquatici accumulandosi anche nella catena alimentare.
La cosa desta più preoccupazione se si pensa al fatto che l'intero Lago di Monte Cotugno fa parte del Parco Nazionale del Pollino, e quindi sottoposto a speciale regime di tutela.
Gli animali cercano di comunicarci qualcosa, sta a noi saper interpretare i segni e i comportamenti che manifestano.

venerdì 23 gennaio 2009

Spiaggiamento di Posidonia

SCANZANO JONICO: I CESPUGLI SRADICATI DI POSIDONIA SONO UN SEGNALE

Un’altra mareggiata e si vedono i danni della pesca a strascico

SCANZANO JONICO. Nuova tempesta di pioggia e nuova mareggiata lungo le coste joniche. E nuova grave dimostrazione dei danni provocati dalla pesca a strascico con i trenta chilometri della nostra spiaggia letteralmente invasa da migliaia cespugli sradicati di posidonia e di altre piante della prateria marina tipica dei nostri fondali. Che si aggiungono a quelle già secche depositate dalle mareggiate di un mese fa. Le piante sottomarine vengono letteralmente sradicate dallo strascico illegale di reti e catene fatto per aumentare la quantità del loro pescato. Ciò significa distruggere un ecosistema che riossigena e rifauna l’intero golfo di Taranto. Se si vuole capire o avere la prova del perchè è una pesca illegale, si vada a vedere lo scempio che determina sui nostri fondali. Ad esempio a Terzo Cavone in questi giorni o dopo una qualsiasi mareggiata e si veda come sia invaso il litorale di tonnellate di piante morte. Un groviglio inestricabile e doloroso. Tra l’altro, con l’ul - tima mareggiata, la violenza del mare e del vento ha sradicato anche molti filari di canne che crescono lungo il torrente Cavone e che svolgono un naturale microfiltro verso gli inquinanti versati nel fiume più a monte. Oltre ad aver ripristinato il naturale decorso della foce del Cavone, un piccolo estuario che ogni estate viene modificato da ruspe e pale che cambiano per pochi metri i confini tra i comuni di Pisticci e Scanzano. È chiaro, dalla dimensione del fenomeno dello spiaggiamento delle posidonie, che manca il controllo contro lo strascico da parte della Capitaneria di Porto di Taranto e che molto disinteresse a risolvere la questione una volta per tutte proviene dallo stesso Dipartimento Ambiente della Regione. Così attento a rispondere immediatamente a tutela di una nuova perforazione di gas metano a Marconia e così pigro persino solo a far sapere una propria posizione rispetto al danno ecologico perpetuato quotidianamente lungo le nostre coste. Tra l’al - tro, come ha dimostrato la provincia di Livorno, per risolvere il problema una volta per tutte basta veramente poco, sia come impegno di spesa e sia come tecnologia da impegnare: riempire i fondali marini fino a 50 metri di profondità di blocchi di cemento uncinati. Gli uncini strappano irrimediabilmente le reti di questi pescatori di frodo strappando la volontà e l’interesse a delinquere. A furia di perdere le reti e il pesce, anche il più ostinato di questi malfattori smetterà di frodare. Gli interessi per i danni di una mareggiata passano non solo dal quantificare gli effetti sulle attività turistiche dell’uomo, ma anche dal capire fino in fondo ciò che va fatto. Sarà nuovamente inutile l’attesa per una risposta ed un impegno da parte del Dipartimento al ramo?

ENZO PALAZZO

Fonte: Gazzetta di Basilicata 23 gennaio 2009

Lo spiaggiamento delle alghe nel metapontino

LE VALUTAZIONI DI ARTURO CAPONERO, DI LEGAMBIENTE
«Un fenomeno da monitorare»

SCANZANO JONICO. «Sebbene in inverno - dichiara Arturo Caponero, di Legambiente - il ricambio delle foglie di posidonie e di altre piante marine può essere naturale, lo spiaggiamento di grandi quantità dovrebbe preoccupare e stimolare un più attento monitoraggio delle cause. Le praterie marine, agendo come massa frenante del moto ondoso, smorzano l’impatto idrodinamico sul litorale e rallentano l’ero - sione costiera. I suoi rizomi catturano enormi quantità di sedimenti, fungendo da trappole di sedimentazione».
La posidonia è specie protetta per l’Unio - ne Europea? «È una pianta sensibile all’abbassamento della salinità e alle variazioni granulometriche dei sedimenti - avverte Caponero - ed è particolarmente minacciata da diverse attività umane, quali la costruzione di porti e la pesca a strascico a ridosso della costa, pratica illegale frequente nei bassi fondali metapontini. Un recente rapporto dell’International Union for Conservation of Nature, ha evidenziato come i cambiamenti climatici minaccino da vicino le praterie di piante sottomarine. Gli habitat delle posidonie, tra l’altro, sono già in declino a causa dell’aumento della temperatura dell’acqua e dalla riduzione della luce».
Che crea un rischio di proliferazione di alghe dannose. «Proprio per questo - ribadisce Caponero -, in un momento in cui il golfo di Metaponto sembra interessare più per le perforazioni petrolifere che per la sua vocazione turistica, in una regione dove si grida allo scandalo per l’acqua dei fiumi che “si perde a mare”, ciò che accade ai nostri fondali dovrebbe far pensare con maggiore attenzione al delicato equilibrio della costa jonica».

[e.p.]

Fonte: La Gazzetta di Basilicata 23 gennaio 2009

La casa nel fiume



Ecco quello che succede alle casette rurali costruite nelle aree golenali. Qui siamo a Montescaglioso, lungo il fiume Bradano. La foto è stata scattata questa mattina.

Ma insieme alla casetta anche molte piante da frutto, vigneti e orti sono stati sommersi dalla piena del Bradano. Riflettiamo...



Da Wikipedia leggiamo:
Con il termine di golena si fa riferimento a quello spazio piano compreso tra la riva di un corso d'acqua ed il suo argine. Si tratta spesso di un'area molto ampia che può ricevere saltuariamente le acque del fiume stesso durante gli eventi alluvionali e svolgere così l'importante funzione idraulica di invaso di emergenza. La naturale facilità con la quale la golena può essere sommersa dal proprio corso d'acqua, e quindi di ricevere gran parte del suo materiale limoso presente in sospensione, è all'origine della sua elevata fertilità.

mercoledì 21 gennaio 2009

Enea: sos coste e in Basilicata sparisce spiaggia

Ambiente: Enea; sos coste e in Basilicata sparisce spiaggia

Nel tratto di costa tra Metaponto e Scanzano

(ANSA) - ROMA, 21 GEN - In Basilicata non esiste piu' la spiaggia della costa che da Metaponto arriva a Scanzano, in provincia di Matera. Nella parte che ''va verso la Puglia, c'e' stata la perdita totale'' a causa dell'erosione, che ha viaggiato a un ritmo di un metro all'anno. E' lo scenario tracciato da Edi Valpreda, dell'Enea di Bologna, in un seminario oggi a Roma, sull'adattamento al rischio di erosione costiera in Italia. Il 40% degli 8.000 km di costa sono gia' in stato di erosione.

Un nuovo Progetto LIFE+ per la tutela della biodiversità

“Azioni urgenti di salvaguardia degli anfibi e rettili della Gravina di Matera”. L’assessore Franco Labriola: “Esso rappresenta l’ulteriore fiore all’occhiello delle politiche comunitarie di salvaguardia della biodiversità materana”
21/01/2009 16.25.42
[Basilicata]

Dalla lettura attenta delle caratteristiche storico-ambientali del sito, la Provincia di Matera ha inteso presentare alla Comunità Europea il Progetto Life Life + di “Azioni urgenti di salvaguardia degli anfibi e rettili della Gravina di Matera”, oltre ad interventi di manutenzione e conservazione dell’habitat, attraverso misure tese a risolvere l’inquinamento del torrente Gravina e interventi di restauro conservativo delle murature a secco.
La Gravina di Matera, costituisce uno dei più spettacolari paesaggi rupestri d’Italia, testimonianza dell’antico rapporto tra natura e uomo. Il territorio è caratterizzato da una roccia tenera, costituita da profondi solchi che disegnano rupi, forre, grotte, gravine utilizzate dall’uomo che si è insediato sin dalla preistoria. I profondi canyon che separano gli altopiani sono l’elemento paesaggistico più ricorrente nel territorio protetto e vengono denominati gravine. Di grande suggestione, è dunque, la Gravina di Matera, enorme solco calcareo che attraversa il parco, con i suoi venti chilometri di lunghezza. Un territorio apparentemente desolato ma che nasconde ricchezze naturalistiche e testimonianze storiche di eccezionale valore. La Gravina di Matera a partire dal 1995, è inclusa nel sito Sic (Sito interesse comunitario) e Zps (Zona di protezione speciale) “Gravine di Matera” inserito nella “Rete natura 2000”, ossia la rete delle aree naturali e seminaturali d’Europa. Essa nasce con l’obiettivo di contribuire alla salvaguardia della biodiversità degli habitat, della flora e della fauna selvatiche attraverso l’istituzione di “Zone di Protezione speciale” sulla base della direttiva “Uccelli” e di “Zone speciali di conservazione” sulla base della direttiva “Habitat”.
“Il progetto – dichiara l’assessore provinciale all’Ambiente, Franco Labriola – ha superato la prima valutazione e se finanziato può rappresentare l’ulteriore fiore all’occhiello delle politiche comunitarie di salvaguardia della biodiversità materana iniziativa che fa seguito agli eccellenti risultati raggiunti con il Life Natura rapaci lucani, per la salvaguardia del Falco grillaio”
Il progetto, il cui costo complessivo è di 1.680.000 euro e la cui durata prevista è di quattro annualità, è co-finanziato dalla Regione Basilicata - Dipartimento Ambiente, dal “Parco della Murgia materana” e dall’Università di Basilicata.

Fonte: Basilicatanet.it 21 gennaio 2009

La Regione si è attivata per la Rete Natura 2000

(AGR) - Sarà un gruppo di 148 esperti a svolgere le attività di monitoraggio e di definizione delle misure per tutelare le risorse naturali che rientrano nella Rete Natura 2000. Botanici, zoologi, forestali, agronomi, geologi ed ingegneri ambientali dovranno svolgere la loro attività nell’ambito della rete delle aree protette creata in attuazione delle direttive comunitarie Habitat e Uccelli. La Rete Natura 2000, suddivisa in 26 siti, interessa i due parchi nazionali del Pollino e della Val d’Agri, i parchi regionali delle Chiese rupestri e di Gallipoli Cognato, l’istituendo parco regionale del Vulture, foreste demaniali, riserve regionali e statali, nonché i siti di interesse comunitario e le zone a protezione speciale: complessivamente, più di 297.000 ettari di superficie; un terzo del territorio regionale.
Gli esperti sono stati selezionati da una commissione tecnica nell’ambito di una long list contenente circa 800 curriculum: la commissione, composta da dirigenti e funzionari regionali, ha tenuto conto dei criteri di altissima ed alta professionalità, nonché delle esperienze professionali, così come stabiliti dalla cabina di regia della quale fanno parte rappresentanti di ventidue fra i principali istituti scientifici, organismi di ricerca e università presenti sul territorio nazionale. Infatti, grazie alla Rete ecologica, sin dallo scorso agosto la Regione Basilicata ha stretto un rapporto di collaborazione con l’Accademia italiana di scienze forestali, il Centro di ricerca su biodiversità ed ecologia del paesaggio dell'università “La Sapienza”, l’Istituto per l'ambiente marino costiero del Cnr di Napoli, l’Istituto di genetica vegetale del Cnr di Bari, il Consorzio nazionale per le scienze del mare (cui aderiscono 30 università italiane), l’Enea, l’Istituto nazionale della fauna selvatica, la Società botanica italiana, le università di Bari, di Pavia, della Calabria, di Parma, cinque dipartimenti dell’università di Basilicata, il Cnr di Tito e l’Istituto nazionale di economia agraria. La cabina di regia si occuperà di coordinare i 148 esperti, che lavoreranno in gruppi interdisciplinari.
Il progetto prevede quattro fasi fondamentali: ricognizione delle informazioni scientifiche e socioeconomiche; sviluppo di una prospettiva di tutela delle biodiversità a medio e lungo termine; stesura del piano di azione; attuazione del piano.
“La Rete Natura 2000 – afferma l’assessore all’Ambiente, Vincenzo Santochirico - consentirà di delineare una nuova competitività fondata sul ‘capitale naturale’ quale base per lo sviluppo. Vaste zone della nostra regione presentano notevoli caratteristiche paesaggistiche, naturali, antropiche, storico-archeologiche e culturali, per le quali la conservazione dell'ambiente in termini di prevenzione, di recupero, di restauro, di valorizzazione turistica può oggi esprimere tutte le sue potenzialità produttive ed occupazionali. La Rete si delinea come una infrastruttura di sostegno allo sviluppo compatibile, e come offerta di beni e valori del territorio. Si tratta di un programma ampio, che prevede azioni di conservazione, recupero e valorizzazione ambientale, realizzazione di strutture per la fruizione della natura, la promozione di attività produttive sostenibili, di marketing territoriale, divulgazione ed educazione ambientale. L’obiettivo – conclude Santochirico - è, infatti, quello di coniugare l’ambiente urbano con il territorio circostante, cultura e natura, salvaguardia e valorizzazione, nel tentativo di delineare una nuova competitività fondata sul capitale territoriale ed umano”.

Fonte: Basilicatanet.it 21 gennaio 2009

Una giornata di censimento tra alzavole e cormorani.



Il 19 gennaio 2009 in una piccola area di tamariceto allagato stazionavano tranquillamente almeno 500 alzavole. La fitta vegetazione le rendeva ben protette dagli attacchi del falco di palude che continuamente perlustrava la zona. Sui rami emergenti più grossi si asciugavano al sole alcuni cormorani.
Nel corso della stessa giornata, perlustrando vari punti della Riserva, sono stati effettuati censimenti delle altre specie in riferimento al programma internazionale di Censimento invernale degli uccelli acquatici (International Waterbird Census, IWC Italy) che in questi giorni interessa centinaia di zone umide in Italia.
I dati raccolti in Italia confluiscono in un unico archivio che copre il Paleartico Occidentale, gestito da Wetlands International, organismo tecnico con sede in Olanda. L'attività svolta in Italia fa capo all'ex Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, confluito recentemente nell'ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale).
Nell'Oasi Faunistica di San Giuliano da diversi anni si cerca di raccogliere ogni dato utile alla caratterizzazione faunistica e alla fenologia delle specie presenti.



Al censimento nella Riserva di San Giuliano hanno collaborato: Matteo Visceglia, Egidio Fulco, Mariangela Francione, Egidio Mallia, Cristiano Liuzzi e Vittoria D'Agostino.

mercoledì 14 gennaio 2009

Il Bradano in piena, aperte le paratoie della Diga di San Giuliano

Oggi 14 gennaio a seguito dell'innalzamento del livello idrico del Lago di San Giuliano è scattato il meccanismo idraulico che ha fatto aprire la paratoia posta al centro del coronamento della Diga. La portata dell'acqua, come si vede nel video, è di 250 mila litri al secondo, una quantità notevole ma molto al di sotto della capacità massima di deflusso dell'opera calcolata in 1.250.000 litri al secondo. Lungo il corso del fiume Bradano si sono verificati allagamenti di terreni e molti alberi da frutto si sono improvvisamente ritrovati semisommersi. Alcuni agricoltori danneggiati da questa situazione danno regolarmente la colpa al fiume e alla natura "ostile e cattiva" dimenticando che quei terreni e quelle colture si trovano nei luoghi sbagliati poichè si tratta di aree di esondazione naturale del fiume che non dovrebbero essere modificati e sfruttati.
Ancora una volta la calamità naturale è sempre l'uomo con la sua caparbia, la sua prepotenza e la sua abitudine di sfruttare anche i terreni destinati ad accogliere le piene dei nostri fiumi, tanto normali quanto necessarie agli equilibri naturali dalla sorgente alla foce. E poi non va dimenticato che i cambiamenti climatici in atto determineranno in futuro, come previsto da molti modelli matematici, eventi meteorici sempre più estremi su tutto il nostro pianeta. Gli esempi non mancano in qualsiasi parte del mondo ci troviamo.

Il video, della durata di 6,40 minuti, girato questa mattina evidenzia la grande portata di acqua in uscita dalla Diga e la situazione che si è venuta a creare poco più a valle.

domenica 11 gennaio 2009

I calanchi possono diventare una nuova meta del turismo



Leggi qui sotto il testo dell'articolo

PISTICCI.Silenziosi testimoni dei tempi, i calanchi possono dare un nuovo impulso al turismo con il loro paesaggio e la natura ancora incontaminata. Un patrimonio di inestimabile valore storico ed ambientale che non ha trovato ancora una giusta collocazione nei programmi della regione e delle varie amministrazioni, e che potrebbe dirottare flussi di turisti, visitatori ed amanti della natura verso nuove e più esaltanti mete. Una maggiore attenzione dunque per i Calanchi che vanno salvaguardati, rispettati e riproposti con iniziative ben precise, ma nel contempo cercando di frenare tentativi sempre possibili di destabilizzazione e di diverse destinazioni, come discariche incontrollate o depositi di rifiuti. Sono queste le indicazioni emerse dal convegno sul tema “I calanchi: tutela e promozione” promosso dall’associazione “I Calanchi”, presieduta da Barbara Taddei, nel complesso “Il Sigillo”. Numerose le proposte e le provocazioni, dopo la brillante trattazione del geologo Pie - tro Cisterna sulla struttura ed evoluzione del calanco: dalla mancanza di una nozione giuridica e dispersione delle competenze nella tutela, (Giuse ppe G i ove, dirigente del Corpo Forestale) alla necessità della salvaguardia di un ambiente unico, già popolato in Età del Ferro e che conserva anche tracce di antiche fornaci in località Pozzitello (An - tonio De Siena), e quindi istituire un Parco dei Calanchi, per allontanare per sempre la minaccia di depositi di scorie o centrali nucleari (Vito Mazzilli del Wwf). I rapporti tra sviluppo sostenibile e desertificazione, intesa come degrado del territorio, sono stati illustrati da Vito Pelazza, che ha fatto anche rilevare come la dimensione debole dei calanchi può trasformarsi in una azione di forza. Paolo Plesciadel Cnr ha trattato la materia attuale e delicata delle metodologie innovative per il trattamento dei rifiuti solidi urbani, auspicando una gestione moderna e il non ripetersi di errori di programmazione. Spazio infine all’Itas di Marconia, con una dettagliata rassegna fotografica di Ro c c o Gaeta. Il sen. Cosimo Latronico ed il sindaco Michele Leone, ognuno per il proprio settore di competenze, hanno manifestato l’intenzione di mantenere vivo l’interesse sui calanchi. Presentati infine interessanti progetti delle associazioni I Calanchi, Lykeios e CB Soccorritori.

FONTE: La Gazzetta di Basilicata sabato 10 gennaio 2008

mercoledì 7 gennaio 2009

Una spedizione ornitologica in Basilicata


Foto: Matteo Visceglia


In un Consiglio Direttivo dell'ASOIM tenutosi nell'autunno del 2008 c'era all'ordine del giorno la gita sociale invernale. Decidemmo di visitare la Basilicata sia perché è terra di paesaggi straordinariamente selvaggi e ricchissima di rapaci, sia perché essendo regione confinante con la Campania poteva risultare utile visitare le zone umide per confrontare la situazione lucana con quella campana, oltre che per contribuire con la nostra presenza all'effettuazione di un censimento dell'avifauna acquatica svernante nelle zone umide della regione.

Detto fatto. Abbiamo contattato gli ornitologi lucani Egidio Fulco e Matteo Visceglia, rispettivamente potentino e materano, e acquisita la loro disponibilità ci siamo organizzati. Dalla Campania siamo partiti in nove: Rosario Balestrieri, Camillo Campolongo, Davide De Rosa, Elio Esse, Maurizio Fraissinet, Marcello Giannotti, Danila Mastronardi, Salvatore Pace e Stefano Piciocchi, con quattro auto.

Siamo partiti la mattina del 3 gennaio. Due squadre hanno puntato diritto a Pignola, vicino Potenza, dove c'erano ad attenderci Egidio Fulco e Caterina Coppola, e altre due squadre, invece, sono scese lungo l'Ofanto per visitare il Lago Saetta e i Laghi di Monticchio. Un terzo bacino è risultato invece svuotato dell'acqua. Le squadre si mantenevano in contatto telefonico con i cellulari. E' stata quindi una goduria quando quelli che si erano diretti a Pignola hanno telefonato per dire che loro stavano al caldo nella splendida casa (da Casa Vogue!!!) di Caterina Coppola, gustando una deliziosa crostata mentre fuori nevicava, e sentirsi dire che gli altri erano alle prese con abbondante neve, freddo e l'impantanamento di un fuoristrada per un'improvvisa esondazione di un bacino.

Alla fine anche il gruppo che stava a Pignola si è mosso (con calma!) ed è andato a visitare l'Oasi del WWF, sotto una nevicata bella quanto fitta e abbondante. Mai visto le anatre e le folaghe nuotare con la neve addosso!

Le osservazioni più interessanti del 3 gennaio sono state quelle di Pignola con una sessantina di Canapiglie e l'avvistamento di un Gufo di palude, migratore irregolare per la recente check-list della Basilicata, pubblicata sul numero 1 del 2008 della R.I.O..

Il giorno dopo, 4 gennaio, ci siamo svegliati con Rosario sfiancato dalla febbre e Salvatore afflitto dai postumi di una indigestione di cibarie lucane ottime e abbondanti.

Ma un ornitologo non si ferma davanti a nulla e siamo partiti lungo due direttrici. Due squadre (incluso il cadaverico Rosario) verso il Lago del Pertusillo e il Lago di Camastra, passando per la splendida Abetina di Laurenzana, completamente bianca di neve, e le altre due squadre, insieme a Egidio Fulco, verso la diga di Senise nel Parco nazionale del Pollino, passando per la discarica di Sant'Arcangelo.

Le osservazioni più interessanti le hanno fatte queste due ultime squadre perché la discarica si è rivelata un'area di grande interesse naturalistico con l'osservazione di una quarantina di Nibbi reali e di circa 200 Corvi imperiali.

Altri 12 Nibbi reali, 5 Poiane e 4 Gheppi ci aspettavano al lago di Senise, insieme a 6 Gru e 3 Volpoche, oltre a varie specie di anatre, anche se mai con grossi numeri. Da segnalare anche le 72 Gru viste al Lago di Camastra dalle altre due squadre di rilevatori.

Salutato Egidio si è puntato verso il Lago di San Giuliano, vicino Matera (non tralasciando la visita ad altre zone umide minori), dove Matteo ci aveva segnalato un ottimo agriturismo con vista sul Lago.

Da segnalare che nel frattempo Rosario è miracolosamente guarito dall'influenza. Lo scrivo perché potrebbe rappresentare un interessante caso di studio clinico sugli effetti terapeutici del bird-watching sui soggetti influenzati.

Bella serata ornitologica intorno al tavolo e al camino dell'agriturismo con Matteo Visceglia e Mariangela Francione commentando le osservazioni del 4 gennaio e fantasticando su quelle che ci attendevano l'indomani.

All'alba due squadre sono partite per le foci di Basento, Bradano, Cavone, Agri e Sinni sul litorale metapontino, mentre altre due squadre hanno dormito più a lungo (secondo Voi in quale squadra ero io? E in quale squadra ero io il giorno del 3?) perché dirette al sottostante Lago di San Giuliano e al Lago di Serra di Corvo. La giornata del 5 gennaio è stata finalmente calda e assolata.

Al Lago Serra di Corvo, nonostante sia zona aperta alla caccia, sono state osservate 24 specie, tra cui 6 Chiurli maggiori e una Gru. Al Lago di San Giuliano sono state osservate 65 specie (!!), e tra queste 2 Smerigli, 27 Chiurli maggiori, oltre 1000 Alzavole, oltre 500 Fischioni, una quindicina di Aironi bianchi maggiori, oltre 25 Aironi cenerini, 3 Falchi di palude, un Pellegrino con preda. Siamo rimasti incantati dal tamariceto allagato che c'è al lato opposto della diga. Uno dei biotopi a mio giudizio più interessanti dal punto di vista naturalistico del nostro paese. La visita al Lago è durata più di cinque ore (è enorme!). Le squadre che sono andate alle foci hanno faticato moltissimo perché c'era tanto da vedere: oltre 50 Volpoche, un Airone guardabuoi (altro migratore irregolare per la Basilicata), circa 180 Pivieri dorati, centinaia di Pavoncelle, e poi Becccacini, Chiurli maggiori.

Negli spostamenti tra una zona umida e l'altra abbiamo anche effettuato degli IKA per i rapaci diurni con una settantina di Nibbi reali complessivamente e un centinaio circa di Poiane.

In conclusione abbiamo visitato 13 zone umide, abbiamo osservato 88 specie (vedi check-list sottostante), il 30,7% delle specie note per la Basilicata, sebbene il Grillaio sia da confermare dopo analisi fotografiche. Un confronto, anche se superficiale, con la Campania ci ha dato l'impressione che in Basilicata ci siano più Canapiglie (alla fine ne abbiamo contate più di 70) e Fischioni (tra i 700 e gli 800), ma meno Moriglioni (136), Morette tabaccate (solo 2) e Morette (nessuna!), oltre ad un basso numero di Folaghe (poco più di 500). Fatto che ci possiamo spiegare con la presenza in Basilicata di invasi realizzati soprattutto a scopo irriguo, e quindi poco profondi, mentre in Campania sono numerosi anche gli invasi a scopo idroelettrico, più profondi e ricchi di anatre tuffatrici e Folaghe. Da segnalare l'abbondanza di Frosoni e, ma forse è inutile parlarne (!), di rapaci: 9 specie.

Alle emozioni ornitologiche vanno aggiunte quelle dei paesaggi selvaggi che questa regione offre, con vaste zone spopolate e brulicanti di vita animale, e quelle umane con le chiacchierate intorno al fuoco (o intorno alla pasta fatta in casa e all'agnello!!) con gli amici ornitologi lucani, con i racconti sui Capovaccai, le Cicogne nere, i Grillai, i Nibbi reali. Siamo davvero molto grati a loro per averci accolto così bene e con tanto entusiasmo.

Una gita che ha unito l'utile al dilettevole, pensiamo infatti, se riusciremo a trovare la disponibilità del tempo, di realizzare un poster sui censimenti degli acquatici e un altro sugli IKA dei rapaci per il prossimo convegno italiano di ornitologia.

Un'esperienza che ci ha lasciato dentro una grande soddisfazione. Ci è venuto in mente che nel passato, nemmeno tanto lontano, in Basilicata (come in Calabria e in Cilento) squadre di napoletani (ma anche di bresciani e toscani) scendevano per restare giorni a cacciare tutto quello che volava in quelle terre, per poi andarsene e lasciarle impoverite di fauna. Oggi squadre diverse sono scese per contare e ammirare la vita selvatica della Regione e se ne sono tornati con il ricordo (anche fotografico) di quelle forme di vita, che, appunto, sono ancora in vita.

Maurizio Fraissinet
Vice Presidente ASOIM Associazione Studi Ornitologici Italia Meridionale

San Giorgio a Cremano (Napoli)

lunedì 5 gennaio 2009

Il Gufo ritorna a volare nel bosco



Il Gufo comune consegnato il 7 dicembre 2008 al Centro Recupero Rapaci della Provincia di Matera dal 24 dicembre è ritornato a volare nei boschi. Il luogo di rilascio è nel comune di Gravina e la liberazione è avvenuta in collaborazione di Pino Giglio della LIPU che lo aveva tempestivamente affidato al Centro. Leggi il post.
L'esemplare prima della liberazione è stato inanellato con anello INFS.

Il brevissimo video qui proposto gentilmente messo a disposizione da Pino Giglio è solo una testimonianza del momento della conquista della libertà. Scusate se è poco...

domenica 4 gennaio 2009

Poiane d'inverno




Lungo tutte le strade del materano è facile in questo periodo scorgere rapaci appollaiati su alberi secchi, tralicci, pali, cartelli stradali e tutto ciò che può essere un posatoio da cui perlustrare il terreno sottostante alla ricerca di piccoli roditori. Quasi sempre si tratta di poiane (Buteo buteo), facili da riconoscere e da individuare anche per i non esperti nel riconoscimento di animali selvatici. La loro densità in inverno può essere anche relativamente elevata grazie anche al fatto che convergono individui provenienti da zone più a nord d'Italia e d'Europa alla ricerca di siti migliori per superare la stagione fredda. Questi soggetti, pertanto, aggiungendosi agli esemplari residenti tutto l'anno fanno aumentare sensibilmente la popolazione presente in determinate aree dando una positiva impressione di abbondanza di rapaci.
Rispettiamole e soprattutto pensiamo sempre alla loro grande utilità nel controllare la proliferazione di topi e ratti nei campi.